Attica libera, un articolo di C. Francioni || THREEvial Pursuit


Attica libera

di Chiara Francioni

Il potere non deve togliere diritti alla gente, di qualsiasi razza, colore, religione o orientamento sessuale. Chi ha il potere deve assicurarsi che i diritti siano di tutti. Il vero potere non divide il popolo, e non lo unisce contro qualcuno, ma verso qualcosa: il futuro. Il vero potere non inventa un nemico, non governa con la paura. Un potere che governa con la paura ha paura. E di cosa? È semplice … ha paura del nuovo, e di come quel nuovo potrebbe farsi strada nella testa della gente”

Attica è un’opera a fumetti in sei albi scritta e disegnata da Giacomo Bevilaqua, giovane (anzi giovanissimo, in quanto proveniente dai primi anni ’80 come la sottoscritta n.d.r.) fumettista italiano dal talento poliedrico e già autore di molteplici pubblicazioni con case editrici di tutto rispetto, quali Bao Publishing, Feltrinelli e – è proprio il caso dell’opera in questione – Sergio Bonelli Editore. Pubblicazioni che si traducono, ognuna a suo modo, in un approccio sensibile e critico alla società e alla condizione umana, che ne è inevitabile presupposto, aspetti privilegiati e protagonisti anche del graphic novel in questione.

Una barriera necessaria per proteggere il posto più bello del mondo

Attica, dicevamo, e se adesso state rovistando tra le vostre reminiscenze scolastiche nella speranza di contestualizzare, beh, significa che siete sulla strada giusta, perché proprio di quella Attica stiamo parlando: la regione ellenica in cui, in tempi ormai remoti, nacque la democrazia.

Nell’immaginario di Bevilacqua la Attica del ventunesimo è una moderna città stato, resasi indipendente dall’Unione Europea e divenuta feticcio di tutti i leader sovranisti del mondo, nonché sogno proibito dei più, in quanto esempio di modernità e patria del benessere assoluto. Ma ad Attica non è facile entrare: circondata da alte mura e militarmente protetta, la città è fatta per i pochi ai quali è riconosciuto il privilegio di esserne cittadini, mentre per tutti gli altri restano solo l’amarezza del rifiuto e le sovraffollate favelas che si affastellano appena fuori le mura.

E non è certo migliore il destino di coloro che tentano di entrare clandestinamente, giacché la legge di Attica non conosce pietà. Legge che altri non è se non la volontà incontrastata di un monarca assoluto, il temuto e adorato Presidente Ino. Gli abitanti di Attica venerano il loro governante come una divinità e lo sostengono ciecamente, in quanto autore del colpo di stato che ha donato alla città in cui vivono lo status di cui ora gode. Ino è infatti percepito come il garante della superiorità del popolo prescelto rispetto al resto del mondo, nonché unica forza in grado di fermare la minaccia rappresentata dall’odiato forestiero che, mosso da invidia, vorrebbe invadere la patria per usurpare ciò che, in base a una qualche forma di giusnaturalismo non meglio precisato, spetta di diritto ai cittadini di Attica.

L’occhio, il marchio, il dono, la guida e l’arma

Che il presidente Ino e il suo entourage rappresentino il male nella declinazione bevilacquiana dell’eterna lotta contro il bene (no, non iniziate a canticchiare il brano di Elio e le Storie Tese perché mi andare fuori strada) è ormai chiaro. E allora chi incarna la controparte luminosa e destinata a vincere? (Non mi si accusi di spacciare spolier, in quanto la morale edificante dell’opera non può che presupporre tale epilogo, seppur riservando qualche colpo di scena che terrò per me).

Per rispondere alla domanda occorre introdurre il lato fantasy della storia. Attica, infatti, prima del colpo di stato ordito da Ino, era anche la patria dei Bordoscuro, minoranza di origine nomade e composta da esseri dotati di poteri sovrannaturali, finiti nelle mire del dittatore e, pertanto, vittime di un efferato genocidio. Alcuni superstiti sono però riusciti a lasciare il paese, grazie all’azione di un manipolo di resistenti capitanati dal misterioso Stromboli. Quest’ultimo, tessitore di piani e dei fili del destino altrui, riesce a condurre cinque giovani Bordoscuro verso l’oneroso, ma glorificante compito di rovesciare Ino e restituire ad Attica e al suo popolo la libertà.

La storia segue quindi la quest cavalleresca dei cinque eroi (l’occhio, il marchio, il dono, la guida e l’arma), ciascuno alle prese con il proprio personale percorso di crescita e redenzione e perfetta espressione di quelli che dovrebbero essere i valori a cui informare una società sana ed evoluta: spirito critico, empatia, giustizia, tutela della diversità, sacrificio, solidarietà, consapevolezza.

Il gruppo degli eroi Cilla, Kat, Aiden e Neto. Ne manca uno, ma la scelta non è casuale no spoiler

Attica e il concetto di libertà

Si possono dire molte cose di Attica, ma ho deciso di soffermarmi su un punto in particolare, lasciando poi a voi il piacere di leggere l’opera e scoprirne i vari aspetti. Così, riallacciandomi a quanto detto in chiusura del precedente paragrafo, mi pare di aver ragione nell’affermare che tra i valori che dovrebbero stare alla base di un sistema a misura d’uomo non può certo mancare il riconoscimento della libertà, che poi è anche il concetto su cui s’impernia l’intera sceneggiatura di Bevilacqua (al grido di #atticalibera). E infatti Attica è un’opera che ci vuole raccontare la bellezza della libertà, la sofferenza che deriva dalla sua negazione e la forza indomita che sostiene la lotta di chi, in nome di tale supremo valore, è disposto a sacrificarsi.

La condanna delle condotte liberticide dei potenti è evidente, e Bevilacqua ce la mostra esasperando le conseguenze della deriva autoritaria che infesta Attica e il suo sistema di governo e che ha portato alla radicale soppressione delle libertà civili di coloro che non sono ammessi allo status di cittadino o che non ne sono più ritenuti degni. Si assiste quindi all’oppressione del diverso, all’abuso della forza contro il più debole, al dilagare di inappellabili sentenze di espatrio o di morte, decretate senza le garanzie offerte da un regolare contraddittorio. Ma la vaporizzazione della libertà interessa anche gli stessi cittadini di Attica, la cui autonomia risulta compromessa per effetto della strategia politica messa in atto dall’entourage di Ino.

Il popolo, infatti, viene condizionato ed eterodiretto nello sviluppo del pensiero e, quindi, delle azioni, determinandosi così la polverizzazione dell’essenza stessa del principio di autodeterminazione. I mezzi a cui ricorre il potere per plasmare la mente e l’agire dei sudditi sono quelli canonici: imposizione dell’ideologia di massa fondata sull’esistenza di un nemico unico da temere – come minaccia di una libertà farlocca apparentemente garantita dallo stato – e odiare, manipolazione dei mezzi di comunicazione e informazione. Così il cittadino finisce per desiderare e fare ciò che il potere vuole che desideri e faccia.

Sul piano della riaffermazione della libertà, invece, troviamo la lotta rivoluzionaria dei ribelli, coloro che, dinanzi all’impossibilità di intraprendere altra strada, decidono – non senza sofferenza – di percorrere la via della lotta di liberazione per annientare un potere usurpatore e dalle fondamenta marce, che si pone come ostacolo alla estrinsecazione sia delle libertà civili degli oppressi, sia della libertà di autodeterminazione dei cittadini del regno, ingabbiati in un’illusione liberticida.

Aiden e Kat da piccoli tra le rovine che il colpo di stato di Ino si è lasciato dietro

Attica e il suo autore

Bevilacqua sceglie di trattare i temi, certamente non leggeri, appena illustrati adottando un approccio vincente, caratterizzato, da un lato, da un profilo riflessivo e impegnato e, dall’altro, da un registro ironico e irriverente.

Dal punto di vista grafico, invece, si cimenta in un vero e proprio tributo al mondo dei manga, come lasciano bene intendere le dimensioni degli albi (che potremmo tranquillamente chiamare Tankōbon), lo stile carico di dettagli e rigorosamente in scala di grigi, nonché la struttura e i tagli delle vignette, che presentano caratteristiche tipiche del fumetto nipponico, quali l’assenza di riquadri e l’asimmetria.

Bevilacqua sceglie poi di arricchire il tutto con numerosi e strategici richiami (che non vi rivelerò, ma che potrete trovare elencati al termine dell’ultimo volume) alla letteratura, cinematografia, pop-culture, oltre che con simpatiche autocitazioni (avete presente A Panda Piace? – per citarne una).

Infine, vale la pena ricordare che, nel corso dell’edizione 2020 del Lucca Comics & Games (quella in modalità covid), Bevilacqua si è aggiudicato il Gran Giunigi per la miglior opera seriale dell’anno.

Attica libera, un articolo di C. Francioni || THREEvial Pursuit

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