YOU
Quanti sono disposti a fare di tutto per la persona che amano?
di Rocco Cannarsa
Quali sono le parole giuste per parlare di un argomento attuale e delicato come lo stalking? Seduto alla scrivania provo a concepire mille frasi a effetto ma niente. Allora dico… guarda! Si potrebbe guardare un qualsiasi telegiornale, sebbene lì si parli direttamente di femminicidio, spesso tralasciando quel passaggio intermedio. Allora meglio una serie, ché il fatto che sia finta mette più a proprio agio, mentre cinti da una bella copertona a quadri ci rilassiamo sul divano e accediamo al nostro account Netflix o ci prepariamo a chiudere le finestre spam dei siti porno che si aprono con lo streaming pirata. Vedere arriva prima e arriva meglio. Guarda. Guarda la curiosità diventare attrazione, l’attrazione diventare erezione, l’erezione amore, l’amore ossessione, l’ossessione omicidio. Però è finto. Talmente finto, talmente romanzato, talmente assurdo, che potrebbe quasi sembrare reale.
Ripresa a volo d’uccello in una giornata soleggiata e probabilmente calda sui grattacieli di New York. Una donna entra in una polverosa libreria. Sono le sue belle gambe nei jeans a vita alta, la prima cosa ad essere inquadrata. Gira tra gli scaffali con una provocante innocenza, descritta dalla voce di un tale tanto minuziosamente, con una indagine tanto accurata e profonda da andare oltre il semplice aspetto fisico, che lo sguardo sembra essere più uno stupro intellettuale. Camera sulla schiena di lui. «Scusi» esordisce la ragazza sfiorandogli una spalla nel tentativo di richiamare la sua attenzione, non sapendo di averlo già ampiamente fatto. Lui si gira con un’espressione un po’ da ebete, un po’ da schizzato e si scopre essere il libraio. Chiacchierano cercando un Paula Fox, sfottono un lettore di Dan Brown che ne nasconde l’ultimo romanzo sotto un Salinger che gli dia un’aria più intenditrice. Il tutto incorniciato da un’atmosfera calda e giallina da romanzo rosa scritto male. Tante risate e una presentazione un po’ forzata, prima di andare via con Quello che rimane tra le mani, non senza un sorriso, ché in fondo lo schizzato è molto carino. Lei è Beck, scrittrice esordiente a New York in cerca di fortuna, e lui è Joe, libraio un po’ strano e tanto sentimentale dal passato complicato e sconvolgente.
Mi hanno consigliato di vedere You, recente (Dicembre 2018 in Italia) serie Netflix tratta dal romanzo Tu di Caroline Kepnes. «Il protagonista è quello di Gossip Girl. Hai visto Gossip Girl? Comunque è assurdo vederlo nella parte che ha» mi dicono. «Ah. Wow» rispondo mentre nella testa parte il solito “Sti cazzi”. Comunque, You parla principalmente d’amore, o almeno così sembra, tanto che la puntata va avanti da mezz’ora e penso quasi di chiuderla, annoiato da questo idilliaco romanticismo da film, da queste frasi fatte e dall’irrealtà che vuole sembrare reale. Poi arriva questa musichetta tetra di sottofondo e la scritta “You” si tinge di rosso. «Ma che cazzo?!» esclamo. Forse vale la pena vederla.
«Alla fine della fiera la gente è una delusione». È questa frase, vera quanto ipocrita, che incuriosisce Joe, il libraio. “E tu, Beck? Sei anche tu una delusione?” pensa mentre la vede uscire dalla libreria. «Fossi in te la cercherei subito su Google» gli dice il suo collaboratore. Lei rideva alle sue battute, gli dava corda, insomma… ci stava, non può permettersi di perderla così, e poi Joe non si è scaricato neanche Spotted. Non lo avrebbe fatto, non l’avrebbe cercata, ma «Il punto è, Beck, che l’amore è traditore». Così torna a casa, si mette al computer e la cerca, perché lei, bella e gentile com’è, potrebbe essere quella giusta, e il nostro Joe non vuole soffrire ancora per amore. I profili social sono aperti, e ciò non rende difficile acquisire informazioni su famiglia, amicizie, posti frequentati e indirizzo di casa. Il passo è breve, la curiosità tanta, e quasi senza volerlo Joe si ritrova davanti alla casa di Beck. Un piano terra tutto finestre e niente tende, dove lei scorrazza seminuda come in una bolla di vetro che la divide dal lerciume del mondo. Tanto sicura da non guardare mai fuori dalla finestra, su quel vialetto soleggiato dove lui c’è, oggi, domani e ancora dopodomani. Un giorno col cappotto, un giorno col cappello da baseball, ma per dieci episodi lui è lì. Così i giorni passano e Joe riesce a progettare nei minimi dettagli la casualità del loro incontro, tanto oramai i suoi spostamenti li conosce. In questa serie il caso non esiste, e questo è l’unico motivo che rende agli occhi dello spettatore il tutto meno romantico. Colto, gentile, bello; inevitabile nasca una storia d’amore, amore malsano, s’intende. Serie a tratti lentissima e dal finale prevedibile, eppure merita di essere vista. I singoli atti meravigliosamente dipinti inducono lo spettatore a riflessioni decise a tavolino, concepite così bene da eludere quasi la libertà di pensiero.
Pensiamo allo stalking sempre come a qualcosa che sia esagerato, troppo lontano da noi e che non ci tanga. Mai ne saremmo capaci, quelle sono cose da pazzi da telegiornale. Le azioni commesse da Joe, però, sono inizialmente non solo legali (omicidio qua e là a parte), ma giustificabili. Fa quasi tenerezza, e noi tifiamo per lui affinché non venga beccato. È tanto carino, e poi è dolce e gentile. La situazione però degenera quando entra in gioco l’amore, il celeberrimo tenere a una persona più di quanto si tenga a se stessi: concetto poetico, che proprio per questo può portare a interpretazioni diametralmente opposte rispetto a quelle cui forse allude realmente. Fare di tutto, e questo tutto va messo più che in grassetto, per la persona che si ama. Un amore incondizionato, un amore folle, l’ossessione di rendere l’altro felice, il tentativo di fare della propria presenza una necessità alla vita altrui, il tutto condito con un po’ di egocentrismo e di amor proprio; l’amore diventa un incubo.
Interessante è poi vedere che la vittima è completamente inconsapevole di esserlo, non sa che nella sua vita non stanno più esistendo eventi casuali, ossia… per lei lo sono, non per noi, tantomeno per il carnefice. L’ennesimo omicidio e il pensiero finisce su di lei. Sembra quasi la colpa sia di Beck, mandante inconsapevole di innumerevoli atrocità. Colpevole di aver fatto innamorare e colpevole di essere innamorata.
«Ma forse aveva una buona ragione per farlo. Ci ha mai pensato, detective? Cazzo… i detective sono veri e il Dna un problema, e io l’ho appena colpita con un sasso! Oddio quel rumore! Non farei mai del male a una donna, ma lei era una pericolosa arpia cannibale. Mi ha forzato la mano. È colpa sua e della sua famiglia che l’ha rovinata. Dovevo farlo, Beck, dovevo. Sapevo che non mi avresti perdonato ma non mi ha lasciato scelta. Non sono una persona cattiva. Lei ti avrebbe rovinato. Ma adesso sei al sicuro, grazie a me. Voglio solo che tu viva la miglior vita possibile. È coraggioso quello che faccio per te. Non è facile, è difficile, a volte mi fa schifo. Sono coraggioso. Quanti sono disposti a fare di tutto per la persona che amano? Sul serio Beck. Sei fortunata ad avere me».
La causa degli eventi sembra essere la curiosità, ancor prima della follia. Forse Joe sarà punito come Odisseo all’Inferno, ma non lo è nella vita reale.
Il brutto è concludere la serie e sentirsi un po’ stalkers, perché l’esame di coscienza parlando di argomenti così è d’obbligo. Siamo un po’ tutti stalkers e vittime. Vogliamo farci notare pubblicando al mondo la nostra vita ma pretendiamo la privacy. Viviamo nell’era delle antitesi. Siamo un po’ stalkers (sebbene inconsapevoli) ogni volta che si guardi una storia Instagram, che si metta un like, che si veda l’amico timido guardare con gli occhi a cuoricino il profilo della ragazza che gli piace e riempirlo di like prima di passare ai messaggi privati se non oggi, domani. Parlare di questo fenomeno annoia, ecco perché guardarlo nascere, svilupparsi e concludersi rende diversamente. Viverlo non oso neanche immaginare. Uno sguardo alle “cose brutte” del mondo serve. Serve a tutelarsi, a evitarle, o per altri a pensare meglio come svolgerle, ma questa è un’altra storia.
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