Three Faces

La terza faccia della medaglia

Tre momenti di Palahniuk, un articolo di M. Barucci || THREEvial Pursuit


Tre momenti di Palahniuk

di Marco Barucci

Le molteplici sfaccettature che caratterizzano la personalità di Chuck Palahniuk sono così disparate da renderlo uno degli autori contemporanei più amati. Un autore molto apprezzato e molto discusso, sul suo conto sono stati spesi litri di inchiostro accostandolo spesso a mostri sacri come Welsh e Ellis, ai quali, per sua stessa affermazione, si ispira. Se ci si allontana dalle pagine dei suoi libri e ci si avvicina al personaggio, si scopre che è ben lontano dall’essere simile a uno qualsiasi dei suoi personaggi più malati e oscuri. Le sue storie sono cariche di violenza, sesso, psicosi e morte.

Negli ultimi anni però, oltre ad aver pubblicato un manuale di scrittura dal titolo Tieni presente che, ha anche aperto un profilo sulla piattaforma Substack, una sorta di ibrido tra blog e newsletter, dove previa sottoscrizione di un abbonamento si ha accesso a consigli sulla scrittura, workshop, lezioni, condivisione di tutti i contenuti caricati dall’autore. Chuck sta persino caricando un capitolo a settimana del suo ultimo lavoro ancora non pubblicato.

In tempi come questi, in cui i social danno modo a tutti di poter esprimere la propria opinione, spesso non richiesta, e quasi sempre senza cognizione di causa, l’autore di Fight Club ha trovato un modo molto apprezzato per stare vicino e avere un contatto con i suoi fan. Come diceva Carlos Ruiz Zafón, “i libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro”. Se ne deduce che, oltre alle nostre esperienze di vita, la nostra formazione e la nostra educazione, ciò che leggiamo va a costituire la nostra personalità. Ma questo ci basta a darci gli strumenti adatti per giudicare fatti straordinari? Molte volte capita che avvenimenti di cronaca che sentiamo in televisione o leggiamo sul giornale vengano percepiti da noi come lontani, e non possiamo essere mai sicuri di come potremmo reagire se li dovessimo toccare con mano all’interno della nostra vita.

Questa premessa era necessaria per poter analizzare tre momenti importanti nella vita di Chuck Palahniuk.

Primo Momento

Chuck è molto legato ai nonni materni tant’è vero che in seguito al divorzio dei genitori vive lunghi periodi nella loro tenuta. I nonni paterni invece non li ha mai conosciuti. Ne scopre il motivo intorno ai diciotto anni quando suo padre Fred decide di raccontargli la verità.

Fino a quel momento Chuck era convinto che fossero morti di difterite. In realtà la storia è molto diversa e inizia quando il padre di Chuck ha solo quattro anni. I genitori stanno litigando per l’acquisto di una macchina da cucire. Al culmine dell’alterco il piccolo Fred sente uno scoppio e da quel momento non sentirà più la voce di sua mamma. Mentre i dodici fratelli e sorelle scappano nel bosco lui si rintana sotto al letto. A quel punto il padre inizia a chiamarlo urlando. È rannicchiato più che può, paralizzato dalla paura, finché dal suo nascondiglio vede gli stivali del genitore e la punta di un fucile fumante. Lo sta cercando per uccidere anche lui. Dopo qualche attimo preso dalla frustrazione, rivolge l’arma verso di sé e si toglie la vita.

Chuck, a distanza di anni, in un’intervista commenta così la vicenda: “Sono rimasto piacevolmente sorpreso da quello che è successo, sembrava una cosa affascinante che accadeva a una famiglia altrimenti piuttosto noiosa”. Questa sua risposta mi ha rimandato alla mente un verso di Invisible Monster, uno dei suoi romanzi che recita così: Tutto quello che fa Dio è guardarci e ucciderci quando diventiamo noiosi. Non dobbiamo mai e poi mai essere noiosi.

Secondo Momento

È il 1999, l’anno in cui esce Fight Club al cinema. Chuck è in contatto con una certa Frieda. La donna era addetta a rasare Brad Pitt per girare alcune scene. Le chiede di poter avere quei capelli da allegare ai biglietti di auguri. Purtroppo Frieda si scorderà di conservarli per lui, così Palahniuk dovette ripiegare tosando il golden retriever di un suo amico. Era elettrizzato, il lavoro di una vita aveva raggiunto il grande schermo con un prodotto pieno zeppo di grandi nomi. Qualcuno però in quei giorni si era messo in contatto con lui, lo sceriffo di una contea nell’Idaho.

Era stato convocato per fare il riconoscimento di un corpo carbonizzato. Avevano buone ragioni di credere che si trattasse del padre Fred. Inizialmente lui e i suoi fratelli pensavano a uno scherzo, ma le impronte dentali da loro fornite, confermarono il peggior scenario. Suo padre era stato ucciso con un colpo di pistola e poi bruciato vivo fino a che di lui non era rimasto che un mucchietto d’ossa. Il colpevole fu identificato in un tale di nome Dale Shackelford e l’agghiacciante dinamica emerse nel corso del processo a suo carico.

Si scoprì che il padre di Chuck aveva risposto a un annuncio per cuori solitari messo da una donna che si faceva chiamare Destino. La donna aveva ricevuto pesanti minacce dal suo ex marito, Dale Shackelford appunto, promettendole di ucciderla se l’avesse mai trovata insieme a un altro uomo. Destino, il cui vero nome era Donna Fontaine ricevette cinque risposte al suo annuncio. Tra questi cinque uomini scelse Fred Palahniuk. I due si conoscevano da due mesi quando durante il loro terzo appuntamento quando Shackelford li seguì fino a casa di Fred, sparò a lui nell’addome e a lei alla base del collo. Tornò nell’abitazione diverse volte dopo aver commesso il crimine, poi decise di bruciare i cadaveri per cancellare ogni traccia.

Dopo questo fatto, Chuck iniziò la stesura di Ninna nanna, un romanzo che parla di una filastrocca in grado di uccidere chiunque la ascolti. Una sorta di Death Note. Uno stratagemma in grado di conferire in chi lo utilizza, i poteri di un dio e di decidere chi è meritevole di vivere e chi di morire. Scrivere Ninna nanna gli servì ad esorcizzare e a superare quanto era successo. Affrontare ed elaborare quella rabbia che voleva la morte dell’assassinio di suo padre. Shackelford fu condannato a morte per omicidio di primo grado. Un mese dopo Palahniuk termina la stesura di Ninna nanna.

Terzo Momento

Dopo tre anni di riposo, passati sotto Zoloft, Chuck realizza cosa è successo quel giorno: “I primi ricordi di mio padre sono di lui nascosto sotto al letto con suo padre che ha appena ucciso sua madre. Dopodiché è sempre stato un uomo in cerca della madre. Infine trova questa donna e ancora una volta un uomo con un’arma da fuoco la uccide. Poi lo uccide. In un certo senso non posso fare a meno di ammirare la forma di questo perfetto completamento di una cosa iniziata molto tempo fa. Trovo conforto in questo. Che le cose accadano per una ragione e secondo uno schema”.

Ed è qui che ci si trova di fronte alla costante deviazione e cifra stilistica definitiva del suo lavoro narrativo. Palahniuk non inventa nulla. Certamente non è in grado di cancellare niente di ciò che accade. L’unica cosa che può fare e dare a queste cose un senso. O almeno provarci. In Ninna nanna ci si immerge nella capacità del protagonista di scegliere e di agire in base a ciò che lui ritiene sia giusto fare. Attraverso un’autoanalisi che passa inevitabilmente dalla rabbia che colpisce l’animo umano nel voler eliminare la persona che ci ha arrecato sofferenza.

“Io ero vegetariano, contro l’uccisione superflua di esseri viventi, e al tempo stesso volevo che quel tipo morisse”.

Non si oppose alla sentenza di morte inflitta a Dale Shackleford. Tuttavia (Allerta Spoiler) Carl Streator, il protagonista di Ninna nanna non esercita il suo potere di uccidere le persone che avrebbe voluto eliminare. In un’intervista del 2020, Chuck afferma che a distanza di dieci anni si opporrebbe alla condanna a morte dell’assassino di suo padre.

“Non penso che farei lo stesso. Ma nel 2001 ero in mezzo… al peggio… Non credo prenderei la stessa decisione, adesso. […] Può suonare strano, ma l’uomo che ha ucciso mio padre è l’ultima persona che lo ha visto vivo e in un certo senso sento che lui è una delle vere ultime connessioni che ho con mio padre e se avessi una possibilità di parlare con lui potrebbe raccontarmi come sono stati gli ultimi momenti della sua vita. Se fosse vivo, spero mi racconterebbe come è morto papà”.

Eventi straordinari in grado di segnare le vite delle persone, ma che sono difficilmente giudicabili da chi non le ha vissute. Attraverso la scrittura e la rielaborazione del fatto, guardandolo attraverso un processo di analisi da più punti di vista, in cui al centro del percorso ci siamo solo noi, con il nostro dolore, tutto ciò che si può fare è provare a dare un senso, provare a collocare quell’avvenimento nel punto giusto, senza giudizio, senza volerlo cambiare o eliminare. Questo è quello che ha fatto Palahniuk di fronte a un grande dramma della sua vita.

Tre momenti di Palahniuk, un articolo di M. Barucci || THREEvial Pursuit

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