La street art senza regole di RUN
Intervista di Giorgio Silvestrelli
Parte 2

GS: La domanda delle domande: che cos’è per te la “street art”? Lo so, è sempre difficile dare una definizione alle cose perché, dal mio punto di vista, un po’ le spoetizza, però sono del parere che ognuno di noi abbia una sua personale definizione di street art. Vuoi dirci la tua?
RUN: La street art non esiste. Per me è una definizione data dai media, dai giornali e dai mercanti d’arte. Mi sembra sia una semplificazione di un concetto libero, senza regole, che altrimenti prenderebbe troppo tempo per spiegarlo. La street art è un groviglio di scuole, stili e idee diverse. Poi, la sTr33T 4r7 pura, vera e propria, come la intende tanta gente, quasi davvero non esiste più!
Dal momento che facciamo arte per il pubblico, entriamo a far parte di un sistema senza controllo. Siamo contro questo e contro quello, ma poi un artista si ritrova le sue opere in una sala da pranzo di un broker di banca e ciao alla controversia e al controcorrentismo. Fai un’opera contro il sistema economico e contro la guerra e poi te la ritrovi a un’asta di Christie’s a cento, mille o centomila dollari e qualcuno la compra dal tablet mentre aspetta l’aereo per Dubai. È tutta una controversia e niente ha più il senso di quando tutto questo è nato. Però andiamo avanti, perché è la passione, è inseguire un sogno, che importa più di tutto.

GS: L’essere umano è sempre al centro della tua ricerca. Parlaci di quei personaggi che vivono, grazie a te, sui muri di molte città del mondo.
RUN: Io sono un artista figurativo. Mi interessa l’essere umano e l’umanità. Quindi, così come banalmente detto, la rappresento l’umanità. Il corpo può dire molte cose. Mi piace il fatto che muovendoci o formando una figura esprimiamo chi siamo e cosa proviamo. La danza, per me, è importante. La danza è collegata alla musica, che è tutto per me. Poi mi piacciono i volti nativi, amazzonici, con caratteristiche tipiche di una razza e di una cultura diversa. Mi attraggono culture che, quando crescevo, erano distanti e sconosciute dalla mia. Sono cresciuto in una società bianca, caucasica, italiana, abbastanza uniforme. Oggi il mondo è cambiato, nel bene e nel male. Il dilemma dell’integrazione. Va bene? Va male? Si può fare? Io dico di provarci.
GS: Labbra grandi, testa senza capelli, bocca quasi sempre aperta, grosse orecchie. Hai capito di chi parlo? Ci vuoi parlare di lui? Ha un nome? Chi è?
RUN: È “tutti, nessuno e centomila”! Ho imparato a dare questa definizione, imperfetta e inventata. Ora è difficile correggerla. Principalmente i personaggi che dipingo sono neri, vengono dalla giungla, quella verde di piante e alberi ma anche quella di cemento, di pali della luce e palazzi. Ci si sanno muovere nella giungla, questo è certo!
La bocca, per me, è il buco da dove entra ed esce la vita. Con ogni respiro respingiamo la morte e la facciamo aspettare.
GS: Di tutti i murales che hai realizzato in giro per l’Italia e per il mondo, ce n’è uno a cui sei particolarmente legato?
RUN: Ultimamente sto sempre di più realizzando che quando arrivo davanti a un muro che sto per dipingere, mi immagino già il risultato finale. Forse sarà per l’esperienza che un po’ ho accumulato, ma oggi come oggi, il mio dipinto riesce a essere quasi esattamente come nella visione che ho prima di cominciare. Dei miei murales, forse vorrei distruggerne almeno la metà perché non mi piacciono più. Non solo dal punto di vista estetico, ma anche la motivazione che mi spinse a farli o il cosiddetto “messaggio” che mandano. Quando fai un disegno su uno sketchbook e questo viene male, nessuno lo vede. Come scrivere una cosa nel proprio diario segreto. Il muro invece sta là fuori. Tutti lo vedono e lo rivedono ogni volta che ci passano davanti. Ci vuole un forte ego ma anche tantissima umiltà.
La performance della creazione del dipinto è la fase fondamentale, potenzialmente stressante ma ricca di ragionamenti veri e forti, dove la mente davvero si piega dalla fatica di capire tutto quello che accade nella superficie in cui uno sta lavorando. È “fatica intellettuale”: la tua mente si spreme tra equazioni di proporzioni, linee, operazioni matematiche, limitare e correggere gli errori.
Sono molto legato a posti come Marocco e Senegal e Gambia, i lavori che ho fatto in Cina, in Italia e a Londra: tanti posti, tante facce, moltissimi incontri. Forse alla fin fine dipingo sulla strada per incontrare la gente! Uno sopra a tutti non saprei proprio dire. Ultimamente sto portando con me mio padre quando dipingo. Lui è un appassionato di fotografia, e viene con me a dipingere. Ci divertiamo un sacco e, a mia memoria, è il periodo migliore che stiamo trascorrendo.

GS: Sempre più spesso anche i grandi brand si rivolgono agli street artist per realizzare dei murales/pubblicità. Tu cosa pensi al riguardo?
RUN: Fuck the brand! And fuck who paint for them and that listen to them. Anche io l’ho fatto. Lo odio! Il brand non ha bisogno di me per vendere il prodotto e io non ho bisogno di loro. Stop.
GS: Ci sono delle differenze tra il tuo lavoro in strada e quello in studio? Se sì, quali?
RUN: Il lavoro in strada e in studio differiscono in dimensioni, sicuramente, in tempo di esecuzione e in energia meditativa. Io più vado avanti, più vorrei eliminare tutto quello che sta in mezzo alla dimensione del murales e alla dimensione cartacea. Nel senso che vorrei solo fare murales e piccoli disegni per pubblicare libri. È strano pensare che per fare un dipinto su un palazzo di cinque piani magari si impiegano tre giorni, mentre per fare un acquarello su un foglio di carta 35 x 50 cm ci vogliono due settimane. Un’altra grande differenza è che quando lavori in studio puoi chiudere la porta, spegnere il telefono e sai che nessuno interagirà con te. Mentre in strada sei in balia degli eventi, delle persone, della pioggia o magari di qualcuno che ti vorrebbe prende a pugni o che ti lancia una banana marcia.

GS: Ti diverti di più a preparare una mostra, quindi produrre molte opere diverse tra loro, o a dipingere un murale e realizzare così una sola grande opera?
RUN: Questo dipende, ma la passione e l’impegno sono gli stessi. Ho sempre pensato che fare una mostra è un po’ come per un musicista fare un disco. Si mettono dentro diversi pezzi che sono come delle canzoni. Ma il disco ha un titolo e un tema. Come una vibrazione che passa attraverso l’intero ascolto. Ad essere sincero faccio più murales che mostre, questo è certo. Ma forse tutto questo un giorno cambierà.
GS: Vorremmo una tua personale riflessione su quello che è oggi il mercato dell’arte contemporanea. Sempre più spesso gallerie e spazi espositivi realizzano mostre con al centro gli street artist. Tu cosa ne pensi?
RUN: Mi piacerebbe aver studiato economia o banking e aver proseguito parallelamente con l’arte. Così avrei capito già da subito come funziona il mercato. La cosa è ancora un po’ nebulosa per me. Un amico artista di successo monetario incredibile, una volta ha provato a spiegarmi tutti i meccanismi ma era come riempire una brocca d’acqua con un buco sotto. Qualche goccia è rimasta ma non c’è stato verso di trattenerla. Quello che so è che la parola più efficace per il mio mondo è “controversia”. Io prima di essere artista, sono una persona. La persona che sono è generosa nel donare.
Produco senza freno e mi piace cambiare stile, temi, segno e spaziare in discipline e tecniche diverse. Un po’ come se a un musicista la casa discografica imponesse delle regole perché alcuni versi e melodie vendono più di altre. Quello che so è che prima di fare soldi devi far fare soldi a tutti quelli che stanno intorno a te. Così queste stesse persone alzano il tuo tiro e allora diventi un “oggetto del desiderio degli altri”. Lo so che queste mie parole non sono chiare ma questo è tutto quello che posso dire sull’argomento. Ascoltatevi Here Today, Gone Tomorrow di Guru e Dj Premier (duo hip hop noto come GangStarr, ndr). Lì è spiegato tutto.

GS: Venendo ai social. A mio parere veicolano moltissimo la street art ed è forse anche grazie a questo fattore se oggi è così popolare nel mondo. Tu che rapporto hai con i social? E con i tuoi fan e followers?
RUN: Ok, questa è un’altra delle zone grigie della questione: i social. I social sono una gran cosa, ma sono anche la rovina di tutto. Mi diverto a postare foto e video ma, contemporaneamente, sento che non ho costantemente cose intelligenti o interessanti da dire. I social sono un animale che deve essere costantemente nutrito, il che toglie tempo ed energia a quello che più conta, cioè creare veramente nel mondo reale.
GS: In questo momento a cosa stai lavorando? Ci sono novità in arrivo?
RUN: Mentre ti rispondo, sono nel giardino di un hotel in Veneto dove oggi ho appena terminato un lavoro. Nelle prossime settimane farò un lavoro di scenografia e questa è una cosa buona per me! Mi serviva fare un lavoro che non fosse troppo dipendente dall’ispirazione artistica, ma principalmente manuale e commissionato. Poi mi piacerebbe iniziare un progetto di stampe serigrafiche con uno stampatore che ho conosciuto in Gambia anni fa. Nel frattempo sto lavorando anche a una pubblicazione e varie altre cose. Sono anche un papà e vorrei vedere la creazione crescere giorno dopo giorno. Per me la cosa più bella che ci sia.
GS: Hai un progetto, un’idea nel cassetto che, per vari motivi, non hai ancora avuto modo di realizzare?
RUN: Quello che non ho realizzato finora lo attribuisco al fatto che non è ancora arrivato il momento giusto. Ho fiducia che tutto quello che vorrò fare lo farò quando arriverà il momento e l’energia giusta.
GS: Vuoi dire qualcosa ai lettori di questa intervista? Un suggerimento, un augurio, un saluto. Fai tu!
RUN: Scoprite dove si trova la vostra energia. Si trova da qualche parte. Forse, come l’incantatore di serpenti, dovete suonare le note e la melodia giusta e poi lei verrà fuori. Nessuna paura!
Ti ringrazio molto RUN per questa bella chiacchierata. Ci si vede in giro!
