Proto sexy chat, un racconto di D. Pasquini || Street Stories


Proto sexy chat, un racconto di Daniele Pasquini Three FacesProto sexy chat

di Daniele Pasquini

Illustrazione di Brucio

 

Sono scappata di casa l’estate dopo la maturità. Il mio babbo se n’è andato quando avevo sei anni, io stavo con mia mamma in zona Porta Romana. Verso la fine delle superiori io e lei abbiamo iniziato a litigare, inizialmente per motivi idioti, tipo il taglio dei capelli, il tatuaggio, i vestiti, poi per la scuola, perché non volevo studiare.

Era il 2004 e andai da un’amica per un paio di giorni poi, tra gli annunci su un muro a Lettere trovai un buco vicino al Mercato Centrale. Volevano 240 euro per una singola, senza finestre. Non avevo un soldo, l’unica soluzione era trovare un lavoretto per potermi permettere il distacco.

Uno dei miei coinquilini disse che conosceva un tipo matto che cercava qualche giovane volenteroso. Mi mise in guardia, che questo era il proprietario di un locale tipo night club, un posto dove facevano gli strip. Comunque, precisò, io non avrei dovuto fare nulla di tutto ciò: niente balletti né spogliarelli, era una cosa diversa, innovativa, una cosa nuova, su internet, anonima, che bastava aver voglia di sperimentare.

Conobbi Mauro in un bar alle Cure: aveva trent’anni, forse trentadue, e mi trattava come una della sua età. Mi chiese se sapevo usare il pc, se navigavo internet. Gli dissi di sì, lui attaccò a spiegare:

– Vedi pallina, nel locale mio ci sono le ragazze che fanno gli spettacoli. Ballano, si strusciano, si fanno offrire da bere, si fanno pagare e portano gli uomini nei privé. È una cosa squallida da raccontare a una ragazza. Ma è un modo come un altro per campare, credimi –

Parlava a macchinetta, gesticolando e sgranando gli occhi.

– Ti ho chiamata perché ho bisogno di una persona. Ho avuto un’idea: siccome gli uomini che vengono s’innamorano di queste ragazze, le vorrebbero portare a casa, scopare, sposare, io ho pensato: perché non farli incontrare anche fuori dal locale? Chiaramente non si può farli vedere di persona. Le ragazze non lo farebbero mai, poi questi qua son maniaci pericolosi o padri di famiglia, tutta gente che non ti raccomando –

Mauro mi fece l’occhiolino, pensai quasi ci stesse provando. Poi spiegò il lavoro.

– In America e in tanti altri posti fanno una roba su Internet, tipo chat video, incontri virtuali. La gente paga con la carta e sta in compagnia della ragazza, che sta di là dallo schermo e risponde, si spoglia. Ecco: io ho provato un po’ queste video chat. È una merda, tutta roba scattosa, non si capisce manco che capelli c’ha una ragazza, se ha le tette vere, se è bella o no. Allora voglio provarci: ho un amico che fa filmati e uno che ha fatto il sito del locale, li ho chiamati e mi hanno detto che si può provare. Noi riprendiamo prima una delle mie ragazze su uno sfondo neutro, in mille modi, le facciamo registrare tutte le risposte possibili, tutti i gesti, tutte le fantasie che possono venire in mente a questi tipi. Un paio di giorni di riprese. Poi mettiamo gli spezzoni su un sito dove ti sembra di parlare con la ragazza in diretta. A seconda di quello che chiedono, si seleziona una parte e si dà play. I miei collaboratori dicono che fa degli scatti, ma non si nota che è un collage. E se si nota pace, tanto la gente paga prima di vedere –

Non sono mai stata una delicata, schizzinosa. Mica mi scandalizzo. Ma allora sì, un po’ ci rimasi. Lui dovette accorgersene, sentì il bisogno di darmi dettagli e rassicurazioni.

– Tu dirai, allora mi compro un filmino porno. Ma qui la cosa è diversa, non è una tipa a caso in qualche casa di produzione o delle emittenti locali: le nostre sono ragazze vere. La sera le trovi a ballare, il giorno dopo ci parli online. Partiamo tra poco, all’inizio provo a gestire tutto io. Poi mi serve una persona che ci stia dietro. A seconda di come va, del tempo, boh, ti posso dare tra i tre e i seicento euro –

Dissi di sì. Mi feci prestare un portatile, mi attaccai al wi-fi dell’appartamento di Borgo Panicale e iniziai a fare questa cosa. Loro scrivevano in chat, io rispondevo con il video.

C’era ad esempio questo FrancoTheBoss che cercava SexyHelen anche tre volte la settimana. SexyHelen era la ragazza che dovevo manovrare.

– Ciao maialona come stai?
– Molto bene grazie. Tu?
– Sono arrapatissimoooo
– Sono tutta calda

I dialoghi erano abbastanza facili da gestire e ad un certo punto, dopo qualche minuto di conversazione e temporeggiamenti finiva invariabilmente che FrancoTheBoss chiedeva a SexyHelen di spogliarsi e fargli vedere qualcosa. La varietà di risposte non era granché. Diciamo che Helen sapeva sì e no 50 frasi. Comunque io li tenevo in linea qualche minuto e poi avviavo il filmato tutto scattoso dello spogliarello. Mi bevevo un the e aspettavo di intervenire per i convenevoli, in cui di solito mi dicevano che si erano tirati una sega gigante.

L’avvio fu forte, a volte avevo anche tre o più finestre aperte, con un sacco di gente che credeva di parlare in privato con SexyHelen mentre in realtà c’ero io in pigiama sul letto. Era un casino dare le risposte giuste in modo coerente. Qualcuno si innamorò e provò ad andare sul personale. Sviare era difficilissimo.

– Dai amore vediamoci
– Non posso proprio farlo
– Perché? Ce l’ho durissimo
– Sono tutta calda
– E allora vediamoci no?
– Mi dispiace micione
– Voglio conoscerti helen sei troppo dolce…ti porto al mare e ti levo da quel locale…dai…
– Non posso proprio farlo
– Mi stai spezzando il cuore
– Posso spogliarmi per te
– Ma dal vivo stavolta!!! No chat, vediamoci
– Sono tutta calda

La cosa durò poco più di tre mesi, c’erano troppi problemi. Gli affezionati avevano iniziato a riconoscere le movenze identiche di volta in volta. Mi chiedevano di mettere altri vestiti, un reggiseno nuovo, di vestirmi di pelle, di usare un vibratore. Io rispondevo sempre non posso proprio farlo e dopo un po’ iniziarono a incazzarsi, mi scrivevano troia falsa ladra e cose così.

Lo feci presente a Mauro che però tardò a rinnovare il parterre di ragazze e a registrare i nuovi video e via dicendo. Finì tutto, la tecnologia poi è andata avanti, il giochino non aveva più senso.
Sì, di fatto fu quello il mio primo lavoro. Poi ho fatto la cassiera alla Conad, la hostess agli stand nelle fiere, la cameriera in un ristorante, la barista in un pub. Adesso faccio la commessa in un negozio di intimo. Essere SexyHelen fu il mio primo lavoro, e non è stato neanche il peggiore.
 

Proto sexy chat è un racconto di Daniele Pasquini tratto da StreetBook Magazine #1

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