Three Faces

La terza faccia della medaglia

Lettera dal buio, un racconto di L. Notarianni || Street Stories


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Lettera dal buio

di Luca Notarianni

Illustrazione di Elise Brique

La notte è buia, infedele, fredda. Di notte è facile che possa accaderti qualcosa, è facile aver paura. Il giorno no. Il giorno è avvolgente, trasparente, il giorno calma. Nella notte puoi perderti, rischiando di non trovarti mai più. Il giorno, invece, illumina tutto quello che i tuoi occhi possono osservare. Di notte è facile lasciarsi andare a pensieri pericolosi. Di notte produciamo mostri. Di giorno possiamo rilassarci o tenerci impegnati lavorando. Di giorno possiamo passeggiare a testa alta; di notte avanziamo a passo spedito, guardandoci i piedi per non rischiare di incrociare sguardi indiscreti. Di notte siamo indifesi e vulnerabili; di giorno siamo svegli e lucidi. Di notte siamo deboli; di giorno forti.

Questi sono i pensieri che attraversano la mia mente prima di addormentarmi. È come se ogni sera avessi la necessità di ricordarmi la differenza tra il giorno e la notte. Una sorta di interrogazione che faccio alla mia anima per tranquillizzarla sul fatto che ancora riesco a riconoscere la differenza tra il bene e il male.
Molti di voi staranno pensando che anche la notte ha il suo fascino, le sue opportunità, il mistero, l’imprevedibilità; mentre il giorno può anche essere noioso, scontato, abitudinario. Forse per qualcuno è così, ma per me no.
Ora sto camminando senza una vera e propria direzione. Intorno a me ci sono facce conosciute e sconosciute, ma sul volto abbiamo tutti lo stesso strato di polvere. In momenti come questo mi piace pensare che tutte queste persone in marcia al mio fianco, prima di addormentarsi, facciano i miei stessi pensieri.
Oggi abbiamo percorso più di venti chilometri. Le gambe non rispondono più bene. Guardandomi di nuovo intorno noto che sembriamo animali in via di estinzione alle prese con un’ultima disperata fuga. È giorno adesso e cammino senza pensare al dolore, ma tra poco arriverà la notte con il suo carico di angosce che la mia mente non vede l’ora di accogliere. Ormai vivo soltanto per questa eterna scissione, come se dimorasse dentro di me. Una sensazione che spegne il cuore e che si manifesta in un unico, banale, feroce quesito: so riconoscere il bene dal male? Perché vedete, ci dicono spesso che la differenza tra bene e male è sottile, che sono due concetti divisi da una linea fatta di mille sfumature; cosi come il giorno e la notte sono divisi da un breve crepuscolo: una luce fioca che non riusciamo a capire se appartenga alla fine della giornata o all’inizio del buio.
Non è vero.
Tutte stronzate.
La differenza tra bene e male è chiara e netta, sono le persone ad essere sottili. Sono gli uomini che decidono, in base alla convenienza del momento, se stare da una parte o dall’altra, ma il bene e il male sono concetti chiari, come chiara è la luce e ancora più chiara è la notte. Non ci si può sbagliare, o meglio, non ci si dovrebbe sbagliare.
Quando ero piccola mia madre cercò di insegnarmi questa differenza. Dopo cena, prima di mettere a letto me e i miei due fratelli, era solita farci sedere a terra, accendere una candela che serviva a illuminare a malapena i nostri volti e iniziava a parlare. Non ci raccontava storie, favole, fiabe. Purtroppo qui di favole se ne sono viste sempre poche. Mia madre, come dicevo, non raccontava storie, ma parlava. Ci parlava del mondo, di quello che accadeva fuori dalla nostra casa. Parlava di quello che sentiva, ci esponeva i suoi più profondi pensieri. Ragionava, mia madre. Quando terminava, ci salutava con un bacio e una frase ad effetto. Sembrava un vecchio filosofo greco. Mi viene da ridere pensando a quanto sia rimasto dentro di me questo suo gesto, come un rito archetipico a cui non si può rinunciare. È come se adesso, che mia madre non c’è più, io provassi, prima di andare a dormire, a insegnare sempre qualcosa a me stessa, come faceva lei con me.
Una sera, davanti quella candela, prima di metterci a letto, mia madre, con tutta la tranquillità e la serietà che una donna del nostro popolo può avere, ci disse:
– I cattivi sono quelli che uccidono, i buoni sono quelli che muoiono –
Amen, verrebbe da dire. Come bambina però ero abbastanza capricciosa, quindi replicai:
– Cosa? Allora io voglio essere una cattiva e uccidere, non voglio essere buona se poi muoio –
– Un giorno capirai – mi rispose, come avrebbe risposto un oracolo.
Già, un giorno capirai. Una frase abusata dai genitori, ma nella sua banalità è sempre stata una condanna. È sempre stata vera.
Devo essere sincera, ci misi molto a capire. Trovavo la vita più complessa rispetto a una divisione così netta delle cose. È inutile dirvi che mia madre, ovviamente, aveva ragione. Quella frase così semplice rendeva perfettamente il concetto: la differenza tra bene e male deve essere chiara. Tutto questo l’ho capito quando, da madre (sì, perché anche io ho una figlia), provai a insegnare la stessa cosa. E ci sono riuscita bene, purtroppo. Mia madre non avrebbe saputo fare di meglio.
Mi siedo perché sono stanca. Dobbiamo camminare per altri due chilometri e poi ci fermeremo per passare la notte. Ognuno dormendo dove può. Guardo verso il cielo per ammirare la luce fioca del crepuscolo che annuncia il buio.
Sapete perché odio la notte? Perché quando cadono le bombe, di notte, non le senti arrivare. E tutti dovremmo avere la possibilità di sentirla arrivare, la nostra fine. È l’ultimo lusso che dovrebbe esserci concesso. Di notte, siamo tutti più deboli.
Mentre penso a questo stringo in mano un nastro rosso. Mia figlia impazziva per questo nastro rosso, non se ne separava mai. Lo utilizzava per raccogliere i suoi lunghissimi capelli neri. Aveva deciso di farli crescere così tanto, quasi fino ai fianchi, per ricordare sua nonna. Non l’aveva mai conosciuta, ma io gliene parlavo tutti i giorni. Era il suo modo personale di celebrarla.
Questo nastro rosso glielo regalai io il giorno in cui decise di arruolarsi nel YPJ, l’ unità di difesa delle donne curde.
Questo nastro rosso me lo hanno restituito ieri, dicendomi che è stata coraggiosa. Caduta mentre combatteva contro un esercito venuto a liberarci e portarci pace. Caduta mentre combatteva contro quelli che in molti definiscono i “buoni”. Le hanno sparato un colpo in testa dopo averla fatta inginocchiare, come si fa con un maiale prima di portarlo al macello.
No. Non ci sono sfumature. La differenza tra bene e male non è sottile, sono le persone ad esserlo. È tutto fin troppo chiaro, non dovrei neanche essere qui a spiegarvelo.
Stringo questo nastro e penso a quando, facendo mie le parole di mia madre, provai ad insegnare a mia figlia questa differenza, facendo nascere in lei quel fuoco che ha dignitosamente segnato la sua vita. Con voce ferma, quando aveva circa dieci anni, le dissi:
– I cattivi sono quelli che uccidono, i buoni sono quelli che muoiono per difendere la propria umanità –

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