Three Faces

La terza faccia della medaglia

JoJo Rabbit: Hitler, play with me! Un articolo di A. Maglione || Threevial Pursuit


JoJo Rabbit: Hitler, play with me!

di Alessia Maglione

Ah la Seconda Guerra Mondiale! Uno degli avvenimenti più trattati, studiati, su cui si è scritto, discusso, straparlato all’infinito, con cui ci hanno martoriato a scuola e su cui continuano a marciare tanti pseudo-intellettuali. Oggi però vorrei parlarvi di un film uscito poco tempo fa, Jojo Rabbit di Taika Waititi che parla sì, di nazismo e compagnia cantante, ma in un’ottica che non vi aspettereste mai.

Perché vi dico questo? Perché Jojo Rabbit non è il “solito” dramma sulla Seconda Guerra Mondiale. Non è una pellicola storica, né tratta le classiche vicende di un tedesco che ama il nazismo ed odia gli ebrei. Ok, è vero, ci sono tutti questi elementi, ma nel film c’è anche di più. È una commedia che con sottile ironia e un ottimo cast riesce a interpretare con leggerezza quella che era la disastrosa situazione della Germania del 1944, quando i Russi e gli Alleati stavano ormai per mettersi la guerra in tasca. E come lo fa? Raccontandoci la storia di un bambino di dieci anni, Johannes Betzler, (al suo primo esordio come attore, tra l’altro) timido, impacciato e grande fan del nazismo con tanto di poster del Führer appesi nella sua cameretta a mo’ delle odierne rockstar, e con un solo obiettivo: diventare un uomo nel campo estivo della Gioventù hitleriana. E sa che può farcela, perché dalla sua ha un fantastico amico immaginario: Adolf Hitler.

Jojo-Rabbit-1

Il film è liberamente ispirato al libro di Christine LeunensIl cielo in gabbia, basato anch’esso su una storia vera che l’autrice racconta così: «Una donna francese mi ha raccontato che durante la guerra la sua famiglia aveva dato rifugio a un ebreo polacco e che si era innamorata di lui. Ho provato a immaginare che cosa sarebbe potuto accadere se quella nascosta fosse stata una ragazza ebrea e a trovarla un ragazzo austriaco membro della Gioventù hitleriana, a cui anni di propaganda avevano insegnato a odiare gli ebrei»[1].

Jojo infatti non è assolutamente propenso a uccidere, né a essere crudele (per questo motivo verrà soprannominato Rabbit, “coniglio”), ma nonostante ciò non vede l’ora di poter far parte della Hitler-Jugend, come se fosse un gioco, una delle cose più fighe che un bambino di dieci anni potesse fare all’epoca: portare una divisa piena di distintivi, lanciare granate, maneggiare coltelli e addestrarsi nei boschi. In fondo, cosa c’è di più bello, quando si è bambini, di poter far parte di un gruppo?

L’autrice del libro è però molto chiara con il regista: «Il libro è mio, ma il film deve essere tuo»[2]. Questo perché diciamocelo, un film preso paro paro da un libro, a volte rischia di essere quasi deludente. Per ovviare a questo, Taika riesce invece a creare la risata anche dove c’è il dramma, dandoci infatti la mazzata in petto proprio quando non ce lo aspettiamo.

«Sapevo di non voler fare un dramma puro e semplice sull’odio e il pregiudizio. Quando qualcosa mi sembra un po’ troppo semplice, mi piace portarci il caos. Ho sempre creduto che la commedia fosse il modo migliore per far sentire più a suo agio il pubblico. In Jojo Rabbit coinvolgo il pubblico con la risata, e quando ha abbassato la guardia inizio a inserirci questo carico di dramma che in questo modo colpisce maggiormente».

Scena-Jojo-Rabbit

Nel film si ride molto, ma si riflette anche. Si pensa al concetto di amore, accettazione, apertura mentale. Questo perché Jojo, come ogni nazista convinto che si rispetti, deve odiare e combattere gli ebrei, strani mostri-vampiri che leggono nella mente e puzzano di cavoletti di Bruxelles. Ma quando il bambino scoprirà che in realtà la madre sta nascondendo proprio una ragazza ebrea nella sua soffitta, tutto il mondo in cui crede verrà stravolto finché non sarà stesso lui a dire che, in fondo, gli ebrei “non sono poi così male”. È incredibile dunque pensare a come sia facile vedere e pensare con gli occhi e la mente di qualcun altro, e quanto sia difficile cambiare le proprie idee quando si fa parte di un gruppo che ci contagia e ci spinge a omologarci. E come possiamo biasimare Jojo se, in un periodo nel quale la propaganda nazista era ovunque in Germania, il modello positivo da cui trae ispirazione è un Hitler immaginario?

Un Hitler, a proposito, interpretato dal regista stesso e reso ancora più goffo e ridicolo di quanto fatto da Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Non a caso mi è venuto in mente questo paragone: Chaplin e Hitler nacquero nello stesso anno, nella stessa settimana dello stesso mese, aprile del 1889 ed è anche per questo che la sua parodia, rimasta nella storia, non è assolutamente casuale. Nel suo film Chaplin porta i gesti del dittatore fino all’esasperazione: i suoi discorsi politici sono senza senso, il suo tono di voce e i suoi incontrollati eccessi d’ira vengono scimmiottati da uno degli attori più brillanti di tutti i tempi. Allo stesso modo Taika, anche se con fare più leggero, rende Hitler un grande amico con cui giocare e passare le proprie giornate, a cui chiedere consiglio e con cui mangiare unicorni. Perché ciò che viene visto con gli occhi di un bambino, non può mai essere crudele.

Lo stesso Taika ha affermato:

«Mi sono sentito strano anche se il personaggio del mio film non è cattivo, ha il cervello di un bambino di dieci anni perché viene fuori dalla testa di Jojo. Si è trattato comunque di un momento triste, urlavo al gruppo di lavoro sul set vestito da Hitler, sembravo Charlie Chaplin ne Il Grande Dittatore»[3].

Essendo la madre di origini ebraiche, il regista si sarà preso una bella rivincita nell’interpretare il dittatore a modo suo. Egli stesso ha affermato di non aver fatto alcuna ricerca su di lui. D’altronde tutti sappiamo che tipo fosse quell’Hitler, e dunque voleva solamente crearne una sua interpretazione personale.

E mentre la madre Elsa è impegnata a fare “quello che può” contro l’avanzata dell’ignoranza nazista e con un padre al fronte di cui non si hanno notizie, Jojo dovrà iniziare a fare i conti con la realtà della guerra, a tratti terribile, ma nel film anche surreale ed esilarante al tempo stesso. Basti pensare ai membri della Gestapo che ripetono Heil Hitler all’infinito per salutarsi o al comandante Klenzendorf che butta i suoi soldati in piscina per prepararli a un “possibile combattimento in acqua”.

Heil-Hitler-Jojo-Rabbit

Insomma, possiamo dire che Taika Waititi non abbia scoperto l’acqua calda, perché come ho detto all’inizio, di film sul nazismo ne sono stati girati a valanghe.

Dunque cosa lo distingue da tutti gli altri, e cosa gli ha permesso di vincere il Golden Globe?

Non vi resta che guardarlo per scoprirlo. E vi assicuro che una volta visto non potrete fare a meno di rivederlo e di consigliarlo a qualcuno, almeno una volta.


[1] www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera-la-lettura/20191117/282132113275816

[2] www.youtube.com/watch?v=7UYT7sofcR8

[3] www.cinematographe.it/news/jojo-rabbit-taika-waititi-imabarazzato-ruolo-hitler

JoJo Rabbit: Hitler, play with me! Un articolo di A. Maglione || Threevial Pursuit

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