Three Faces

La terza faccia della medaglia

Il risveglio di Dante, un racconto di M. Vichi || Street Stories


Il risveglio di Dante

di Marco Vichi

Illustrazione di Zolfo

Settecento anni dopo la sua morte Dante si svegliò… Vuolsi così colà dove si puote, ciò che si vuole, e basta far domande. Per prima cosa il Sommo rilesse la sua Comedìa dalla prima all’ultima riga, con molta attenzione, con una penna rossa in mano, che però non usò mai… E dopo l’amor che move il sole e l’altre stelle fece un lungo sospiro. Si versò un bicchiere di vino, bevve un sorso e gli scappò un sorriso.
“Però, mica male… Eh sì, quell’opera mi è venuta piuttosto bene. Certo scriverla non è stata una passeggiata… star lì a contare ogni volta undici sillabe, avere sempre in mente lo schema delle rime, controllare il numero dei versi, finire tutte e tre le cantiche con ‘stelle’… Una bella sgropponata, però ne valeva la pena, dai… Modestamente sono il più grande di tutti… Sono stato capace di evadere dalla gabbia dell’endecasillabo e delle terzine incatenate senza che i miei versi ne soffrissero, senza che si potesse dire: Guarda qua, il grande poeta ci ha infilato a martellate questa parola per fare la rima, ma ci sta come il cavolo a merenda… E qui? Dio mio, non si capisce nulla… Questo verso poi è contorto, sgraziato, fa proprio schifo… E poi ho avuto il coraggio di adoperare una lingua che poteva essere compresa dal volgo, dai contadini, dai fornaciai dell’Impruneta, dai locandieri, dai birri, dai sellai, dalle puttane… Sono il poeta più citato, c’è chi per ogni occasione ha la terzina già in bocca… A quantità di citazioni me la gioco solo con il grande Totò… Oddio che fame mi è venuta…”
Si mise a cucinare, e intanto continuava a riflettere.
“Se la mia amata Beatrice non fosse morta, sarei stato capace di scrivere tutta quella roba? Forse no, forse non sarei nemmeno riuscito a scrivere quell’altro libretto, Vita nuova… Che dire? Devo ringraziarla di avermi stordito con la sua bellezza, di avermi fatto innamorare e spasimare per un sacco di tempo, di essersi fatta desiderare da me fino all’ossessione, e di essere volata via nel fiore degli anni. E i miei nemici, quei maledetti guelfacci neri? Se non m’avessero esiliato, avrei scritto lo stesso la Commedia? Ma no, non l’avrei scritta. Quelle pagine sono state vergate con la bile, non con l’inchiostro. Mamma mia com’è stato bello cacciare i miei nemici all’inferno, condannarli a soffrire le pene più tremende… Scrivendo di quel corrotto e sacrilego di Bonifacio VIII mi sono venuti i brividi sulle braccia… Ah, la grande potenza della parola, inchiodarlo con il verbo dà più soddisfazione che prenderlo a schiaffi, anche perché scripta manent… Grazie a quel buontempone di Boccaccio la Commedia è diventata Divina, ha scavalcato i secoli e milioni di persone in tutto il mondo hanno saputo quanto fosse bastardo quel Bonifazio e tutte le varie faccenduole sugli altri figli di bona donna… Be’, lo so, a volte ho esagerato, una calunnietta qua, una perfidia là, ma la licenza poetica è come quella di uccidere, chi ce l’ha la usa… E comunque ai miei tempi certe cose si potevano fare… Bei tempi, si poteva anche ammazzare qualcuno a norma di legge, se apparteneva a una famiglia che aveva ammazzato uno dei tuoi familiari… Se la mia Commedia venisse data alle stampe oggi, sai quante querele e processi e condanne! E non parlo mica di fiammelle scribacchiate sulle pagine e di gironi immaginari… Meno male che i reati che ho commesso, dopo sette secoli sono caduti in prescrizione… Sennò avrei speso un sacco di fiorini in avvocati, sarei stato costretto a pagare chissà quanto in risarcimenti, e forse sarei finito anche in una moderna Isola delle Stinche, e magari per condanna mi avrebbero costretto a scrivere la Divina Palinodia!”
Portò il piatto in tavola e si mise a mangiare. Mica male, sapeva anche cucinare. Mangiava, soddisfatto della sua arte in cucina, e continuava a riflettere. Gli venne in mente una faccenda assai sgradevole, che gli faceva arricciare il divino e famoso e mitico ‘naso dantesco’, era così che si diceva, porca miseria… Insomma si ricordò di come nel Settecento era stata considerata la sua Commedia da certi pensatori dell’epoca, uomini senza sensibilità, privi di immaginazione, incapaci di spezzare le catene dell’intelletto per lasciarsi andare alla fantasia poetica… Dunque indegni di stare a questo mondo.
“Dissero che era un librettuccio diseducativo, oscurantista, bigotto, che corrompeva le menti raccontando di un ridicolo quanto palesemente falso viaggio nell’Oltretomba, roba da creduloni da mettere allo stesso livello delle profezie di una fattucchiera, un libercolo che meritava di essere usato per nettarsi il sedere… Che brucino nel loro inferno di luminarie, quei poveri coglioni, ai quali del mio cul faccio trombetta…
Ecco, si era innervosito, e quando si agitava gli scappava di pensare in versi, e non certo con degli stupidi versi liberi e sciolti, come usavano certi poetucoli moderni… che pensan le parole sian farfalle. E così, mentre mandava giù un bel sorso divino… no, voleva dire di vino… ecco che gli uscì un’invettiva con la naturalezza di un bisogno corporale…

Illuministi poco illuminati
Che a seppellir Comedia avean cercato
Posso dir loro che son fortunati
Che quando su’ miei versi hanno sputato
Varcato aveo già soglia della morte
Sennò dovean con me far pugilato.

“Li caccerei tutti nel girone degli Abbuiati, senza un lume, senza nemmeno una candela, a camminare nell’oscurità più scura e a battere la capoccia gli uni contro gli altri…”
Se la rise da solo, e per un attimo pensò di scrivere un’altra Commedia, magari più divina dell’altra, per ficcarci dentro tutti i ‘granduomini’ della storia fino al XXI secolo, da Lorenzo l’Immondo a Gerolamo Sisalvichipuò, da Leonardo Sottuttoio a Michelangelo Scalpello, da Napoleone Malaparte a Garibaldi Fufferito… e poi Umberto Pandisangue… Franconiglio… Stailìnchettammazzo… Adolfornace… Benito Ballonzo… Ci avrebbe messo assai meno tempo, perché poteva anche aiutarsi con internet… tra l’altro il rimario più famoso si chiamava Virgilio, e si sarebbe affiancato a quello vero… Poi però gli sembrò un’impresa troppo faticosa… Ci sarebbe voluta un’altra Beatrice, e anche un altro esilio, e sinceramente ne faceva volentieri a meno…
“Una Commedia è sufficiente, suvvia… E poi diventerei ancora più famoso… No no, non ho nessuna voglia di andare in televisione a parlare di cosa farà il governo, dell’economia mondiale, di capitalismo marcio o di andare a cucinare qualcosa di medievale… E non ho nemmeno voglia di sentirmi arrivare addosso l’invidia degli altri poeti… E soprattutto non ne posso più di sentir parlare quelli che a spada tratta vogliono difendermi a tutti i costi da chissà quali abominevoli attacchi, reputando offensive insolenti e oltraggiose queste o quelle parole pronunciate nei miei confronti, pretendendo di conoscere i miei più reconditi desideri, permettendosi di dichiarare cosa io avrei voluto, cosa mi piace e cosa non mi piace, insomma credono di inluiarsi in Dante Alighieri, Pape Satan! E mi buttano in cima a un piedistallo solo perché in fin dei conti amano lodare e imbrodare sé stessi. Gentaglia inutile che precipiterei volentieri nell’inferno dantesco, come ormai dicono tutti, non so se mi spiego… Li manderei laggiù in fondo, nel ghiaccio della Giudecca… nel gelo dove regna il dio silenzio. “Stupidi ignoranti che soprattutto non sanno che a me non piace essere solo ossequiato e osannato. Certo, sono ben consapevole di essere il più grande poeta di tutti i tempi, che discorsi… Ma questo che c’entra? Voglio essere trattato normalmente, esigo di essere considerato anche un uomo, non solo un verbo poetico… Sono fatto di ossa e qualche secolo fa anche di carne. Voglio vivere nel mondo, non tra le muse. Quando qualcuno si mette a dissacrare la mia figura mi diverto assai, sono il primo a ridere delle battute che si fanno su di me, anche perché mi sembrano un segno di rispetto e pure di affetto… E se anche venissi attaccato con cattiveria non avrei bisogno di difensori, la mia Commedia lo dimostra con chiarezza, che so difendermi da solo. Sono stizzoso e vendicativo, scontroso, spesso sgarbato, mi piace bere, se non mi lavo puzzo anche io. Insomma sono pieno di divini difetti, e non mi dispiace nemmeno essere preso in giro, visto che sono fiorentino… ovviamente a buon rendere, intendiamoci bene, sono cavoli vostri. Insomma, via, lasciatemi in pace. Preferisco riaddormentarmi nella mia piccola tomba di Ravenna, e magari ogni cento anni… aprire un occhio e riveder le stelle”.

Il risveglio di Dante, un racconto di M. Vichi || Street Stories

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