Three Faces

La terza faccia della medaglia

The End of the Fucking World 2, un articolo di B. Bendinelli || Three Faces


The End of the Fucking World 2

Viva la ***a

di Benedetta Bendinelli

– ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER! –

The end of the fucking world

Dove eravamo rimasti? The end of the fucking world non è una serie per ragazzi. Ripeto il concetto perché in questa nuova stagione si tratta di un dato di fatto. Avevamo lasciato Alyssa e James sull’orlo di una crisi adolescenziale, o forse qualcosa di più. Li avevamo lasciati in preda ai loro capricci, che poi si sono trasformati in guai e alla fine in veri e propri crimini. La storia si era interrotta in una fase specifica dell’adolescenza, quella che precede la maturità degli anni adulti, e si era conclusa con tutti i presupposti per un seguito intricato. Dopo la fuga di James verso il mare, lo sparo della polizia e le grida disperate di Alyssa, ci potevamo aspettare soltanto due cose: la fine (quindi la morte) oppure la crescita (quindi il cambiamento).

Questa è una serie ingannevole: l’appeal che può suscitare in alcune fasce di età viene subito sotterrato da tematiche più vicine ad altre stagioni della vita. Nel secondo capitolo della storia questa denotazione – se così si può dire – bipolare è ancora più sottile, incentivata anche dall’estetica dei protagonisti e persino dal font usato per i titoli. Se la prima stagione andava bene per i trentenni, la seconda può tranquillamente passare di ruolo e ingraziarsi il gusto degli over quaranta.

Per prima cosa: la colonna sonora. Gran parte dei brani, che conciliano perfettamente immagini e parole, provengono dalla scena soul e doo-wop americana degli anni Sessanta e Settanta e si sposano perfettamente con tutte le micro narrazioni che si avvicendano. Il primo episodio, dopo un limpido e veloce recap, si apre con un bellissimo brano di Nancy Wilson che ci presenta il nuovo main character: Bonnie.

My love has no beginning, my love has no end

No front no back, my love won’t bend

I’m in the middle, I’m lost in a spin

Loving you

La backstory introduttiva mostra una ragazzina della media borghesia nera americana, prima abbandonata dal padre e poi succube delle terribili angherie della madre. Dopo aver mozzato la treccia di una compagna di classe viene sospesa da scuola e interrompe definitivamente il percorso di studi. La ritroviamo adulta, con un lavoro da bibliotecaria presso l’università, dove in qualche modo riesce a intrufolarsi alle lezioni del professor Clive Koch, lo stesso che la seduce, la minaccia e poi la conduce al carcere. Lo stesso che, poco tempo dopo, verrà assassinato da James.

A questo punto la trama è svelata, quasi scritta nero su bianco come in tutte le grandi storie di vendetta. La missione di Bonnie, come quella della buon vecchia Beatrix Kiddo, è molto diretta: kill Alyssa, kill James. Nel frattempo il focus sui personaggi di James e Alyssa cambia apertura, passando da un analisi grandangolare a una più intima e personale. James è sopravvissuto alla pallottola e Alyssa alla solitudine, entrambi hanno evitato la galera ma le conseguenze dell’omicidio e della fuga li hanno costretti a un programma riformativo. Quello che li ha cambiati però non è strettamente legato ai luoghi della loro espiazione morale quanto all’effettivo scorrere del tempo.

TEOFW CarDa qui in avanti, passati due anni dall’omicidio, la serie potrebbe prendere la forma di un progetto riformativo dove i due giovani mezzi criminali provano a rifarsi una vita, provano a cambiare.

Mantenendo gli aspetti di una vicenda quasi noir, il secondo capitolo di TEOTFW riesce anche a trattare tematiche più profonde come quella del cambiamento e quella della responsabilità. Ecco che ritorno nel mondo dei quarantenni, quelli che hanno a che fare con un matrimonio fallito e con le bugie, quelli che non riescono a dimenticarsi di un amore e quelli che invece riescono a dire addio. Il personaggio di Alyssa in modo particolare viene destrutturato e ricostruito pezzo per pezzo, fin quando non lo si ama con lo stesso tipo di amore che si ha – di solito – per la vita. E sono sempre le donne a dover fare i conti con le conseguenze delle loro scelte e delle loro pericolose decisioni.
Nel pentolone delle grandi tematiche affrontate in questo capitolo, insieme alla metamorfosi dell’esistenza, troviamo anche un altro argomento ormai ovunque sdoganato, ovvero quello della violenza sulle donne. Lo sguardo distante dell’autore ci lascia testimoni di fatti, come fossimo lettori di una cronaca, e liberi in tal modo di poterci avvicinare ai personaggi femminili in qualsiasi modo lo vogliamo. Bonnie ci piace per il suo temperamento gelido e naïf e ci spaventa per il suo passato e per il suo futuro. Alyssa invece ci spoglia e si spoglia da tutte le vacue certezze che ci costruiamo intorno per non cedere all’assoluto e terrorizzante timore del vuoto. Un matrimonio lasciato a metà – per paura – e il rapporto conflittuale con James – anche questo per paura – si risolvono entrambi con un gesto di estrema onestà.

TEOFW James

“Sometimes, doing the right thing, feels like committing a crime”

James dal canto suo è impegnato in un’altra congestione: la morte del padre e l’impossibilità di accettare la solitudine che ne è seguita. Anche lui fa i conti con l’assenza: prima della famiglia; poi di un’amore complicato. E in un gesto affine a quello di Alyssa si libera dalla costante ricerca di una soluzione e trova finalmente pace. Resta ancora Bonnie a piede libero e con l’animo inquieto, mossa dal rancore ma forse ancor di più dall’inconsapevolezza. Spara un colpo in testa a James e Alyssa, li fredda senza battere ciglia davanti al tavolo di un fast food. Loro restano li, piegati all’indietro sui divanetti color sangue e Bonnie ha portato a termine la sua missione, fin qui tutto normale. Se non fosse che di nuovo l’onestà, che ormai capiamo è il fil rouge di tutta la serie, ci riporta a qualche secondo prima dello sparo, dove Bonnie viene disarmata e infine consolata. In qualche modo tutti trovano ristoro nell’atto stesso di una scelta, la propria o quella altrui, una scelta che in fin dei conti libera dal male. Un finale positivo – con la desolazione di chi si aspettava più sangue e più malessere – per una storia onesta, come quella di noi trentenni, quarantenni e chi più ne ha più ne metta.

E al contrario di quel che dice il titolo, chissà poi perché, mi viene da dire: viva la vita.

The End of the Fucking World 2, un articolo di B. Bendinelli || Three Faces

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