Corsica ovunque
Intervista all’Occupazione Corsica
Parte 2
di Niccolò D’Innocenti, Simone Piccinni e Andrea Biagioni
TF: Avete accennato poco fa alla retorica fatta dai giornali e dal sindaco – quindi dalle istituzioni – riguardo l’occupazione, lo sgombero, il corteo e in generale i concetti di legalità-illegalità, decoro-degrado, quindi vorremmo fare con voi una riflessione più ampia su questo, perché è un argomento che spesso abbiamo trattato e sul quale abbiamo ragionato e discusso molto. Confrontandoci con altre realtà come la vostra e con persone che di quelle realtà fanno parte, abbiamo rilevato infatti che c’è una narrazione spesso distorta o comunque superficiale dei movimenti e delle conseguenti azioni, volta a stigmatizzare più che ad approfondire e comprendere la genesi, la natura, le rivendicazioni e quindi le ragioni di certe pratiche di lotta. In particolare, per quello che concerne le istituzioni, oltre alla stigmatizzazione, c’è anche a nostro avviso una totale mancanza di autoanalisi e di assunzione di responsabilità. Nel senso, se ci sono realtà che da anni evidenziano certe problematiche sociali, divenute endemiche e simbolo del forte malessere sociale che colpisce determinati strati della popolazione, e se la cittadinanza – non necessariamente una cittadinanza legata ai movimenti, ma una cittadinanza varia – protesta da altrettanti anni per quelle stesse problematiche, è chiaro che non se le sono inventate da un giorno all’altro. Questo significa che alcune politiche sono sbagliate, sono stati commessi degli errori e quindi sarebbe cosa buona e giusta farsi un esame di coscienza, invece di condannare a priori e basta. Questi sono gli aspetti che ci infastidiscono e ci portano a criticare un certo tipo di comunicazione e di fare politica.
A voi invece, cosa disturba di più di questo tipo di informazione, di comunicazione e di propaganda? Qual è l’aspetto che più vi infastidisce del modo che media e istituzioni hanno di rapportarsi con voi?
OC: Non è una domanda semplice. Le risposte sarebbero varie e ognuno di noi potrebbe darvi la sua personale. Collettivamente, siamo d’accordo con quanto avete detto e ci infastidisce leggere o sentire delle ricostruzioni che non hanno senso. Anche riguardo al corteo, abbiamo letto cose che semplicemente non sono successe e chiunque sia passato dalle strade che facevano parte del percorso del corteo poteva smentirle. Per chi ci conosce, a partire dai residenti del quartiere appunto, era già evidente che alcune ricostruzioni erano false. Poi dobbiamo anche ammettere che, in realtà, molti giornali stavolta ci hanno sorpresi, perché nei nove giorni di presidio hanno parlato più con noi dell’Occupazione Corsica che con la polizia, anche perché la polizia stava cercando di far uscire meno informazioni possibili, tanto che per una volta non hanno mandato in giro i soliti comunicati pronti per essere pubblicati. Sono stati abbastanza silenziosi, quindi in quei nove giorni praticamente sui giornali siamo usciti soltanto noi: hanno pubblicato i nostri comunicati parola per parola, senza problemi e senza nessun tipo di “manipolazione”, diciamo. È stato certamente qualcosa che non ci aspettavano a essere sinceri. Questo vale anche per quelle testate che sono più distanti da noi. Non che noi abbiamo molte “vicinanze” in quel senso, ovvero molti rapporti con i giornalisti o con qualche giornale specifico, però rispetto al passato è stato sorprendente questo aspetto, ecco.
Per quanto riguarda le istituzioni invece, vi possiamo dire che la loro è una retorica innanzitutto fallimentare. Sentire il sindaco parlare degli spazi di socialità da ricreare e simili, è un qualcosa al limite del trash, perché poi tutti vedono quali sono le scelte e qual è la direzione che l’amministrazione ha deciso prendere. Limitandoci a questo quartiere, già prima che noi arrivassimo erano stati avviati determinati percorsi dai nostri vicini, le tematiche che noi abbiamo portato e alcune attività non erano nuove al quartiere, quindi il “problema” non siamo certo noi. Poi è chiaro che ci infastidisce, tanto per fare un esempio, quando vengono tirati fuori contro di noi discorsi come quello sulla legalità, a fronte di anni d’assenteismo delle istituzioni. Quello forse è l’aspetto che ci dà più fastidio, soprattutto perché temiamo che quella retorica sia un po’ volta a influenzare la visione comune e a giustificare la repressione, magari arrivando a convincere che certi metodi sono ammissibili e a far pensare alle persone: “Vabbè, faranno anche bene a occupare, però se è illegale e lo fanno lo stesso, allora fanno bene a bastonarli”.
TF: Come se poi ciò che è legale o illegale, fosse automaticamente catalogabile come giusto o sbagliato. S’associa sempre il concetto di legge col concetto di giustizia, anche sociale, ed è un po’ una cazzata.
OC: Sulla nostra facciata in viale Corsica, c’era scritto “Illegalità di massa” e, tra l’altro, a volte abbiamo discusso se tenerla o cancellarla; alla fine l’abbiamo tenuta perché era impattante, anche se per alcuni poteva non risultare subito comprensibile, soprattutto se non sai cos’è la teoria degli anni ’70 riguardante l’illegalità di massa, secondo la quale qualunque azione fatta in massa prescinde dal concetto di legale o illegale se quell’azione è necessariamente giusta. Per esempio, negli anni ’70 non pagavi in massa gli affitti, le bollette e la spesa veniva calmierata. Era una cosa normale. Di base il concetto è questo: “Io ho bisogno di vivere, quindi lo faccio, lo faccio in massa e questa cosa naturalmente va a legittimare quella situazione lì, indipendentemente dalla legge”, diciamo. Per questo quella scritta è sempre stata il nostro simbolo.
TF: Sembra il momento adatto per chiedervi com’è nata l’Occupazione Corsica? Cosa sono stati questi nove anni?
OC: È difficile riassumere nove anni ovviamente, sono una vita. Allora, l’Occupazione Corsica è nata proprio con l’occupazione del Movimento “Lotta per la casa” ed era divisa tra famiglie, compagni e compagne del movimento e persone varie, insomma. Poi, nel tempo è andata a strutturarsi in maniera diversa come comunità e proprio come stile di vita. Eravamo un po’ diversi da altre realtà a Firenze, perché si viveva e si vive effettivamente insieme: si mangia insieme, si dorme insieme e insieme si fanno assemblee, si organizzano e si partecipa a manifestazioni, eventi e così via. Siamo davvero una banda di amiche e amici. Poi c’è chi è più attivo e chi meno da un punto di vista politico, ma c’è anche da dire che alcuni hanno maturato una coscienza politica nel tempo proprio all’interno di questa Occupazione. Abbiamo passato momenti difficili, non ultimo questo, ma ci siamo sempre riorganizzati in milioni di modi diversi. Abbiamo avuto mille forme diverse, però in generale abbiamo sempre seguito i diversi percorsi politici della città e sulle lotte che contano ci siamo sempre stati, perché Corsica è sempre stata una base di lotte, un luogo per ritrovarsi, confrontarsi e organizzarsi. È stato anche un posto attraverso il quale diffondere cultura underground, da tutti i punti di vista, e di sicuro il festival di tatuaggi Inchiostri ribelli è una delle cose più importanti fatte in Corsica.
TF: Le prime volte ci siamo incontrati proprio lì.
OC: Anche alcuni di noi sono arrivati in Corsica attraverso Inchiostri ribelli. Poi, come dicevamo, negli corso degli anni, abbiamo pensato a costruire il rapporto col vicinato per fare un percorso condiviso con i vicini stessi: li abbiamo invitati alle feste, alle assemblee e ad altri eventi, li abbiamo ascoltati e piano piano qualcuno abbiamo iniziato a conoscerlo. Pensate che all’inizio Fratelli d’Italia aveva fatto una raccolta firme per cacciarci, ma ha firmato una sola persona e dopo poco c’era chi ci lasciava messaggi d’incoraggiamento. Insomma, evidentemente era già una zona in cui c’era propensione per l’Occupazione. Poi negli anni si è costruito un vero e proprio rapporto d’amicizia, con lotte e attività condivise. Per esempio, abbiamo aperto un’area cani autogestita in un angolo di terra abbandonato pieno di erbacce, dove principalmente stavano i tossici. Lo abbiamo sistemato e lo abbiamo aperto alla gente. All’inizio non sembrava funzionasse, c’abbiamo messo del tempo a instaurare quella dinamica positiva per cui non dovevamo essere solo noi a occuparci di quello spazio, ma tutto il quartiere. Alla fine, ci stavamo quasi arrendendo e avevamo smesso di seguirlo un po’, ma poi è nata una chat dell’area cani tra la gente del quartiere, che ha capito e ha iniziato a organizzarsi, per tagliare l’erba e tenerla in buone condizioni. Tra di noi magari c’era ancora qualcuno che portava il cane, oppure capitava che ci facessimo eventi e simili, quindi la pulivamo e la curavamo anche noi, ma tanto quanto gli altri residenti, né più né meno.
Una lotta che invece abbiamo fatto insieme è stata quella del 2017 per non far tagliare gli alberi della via. Abbiamo fatto resistenza per due mesi con gli abitanti ed è stato incredibile, oltre che divertente. È proprio in quella lotta lì che abbiamo conosciuto tanti nostri vicini in una maniera diversa, creando un senso di comunità proprio della via. Abbiamo continuato a fare l’assemblea per tanto tempo, immaginando insieme a loro come la volevamo, quello che sarebbe stato bello fare. Si era creata una bella armonia. Ci volevano talmente bene che a volte hanno fatto addirittura da “avvista-Digos”, mentre in un’altra occasione in cui c’era il rischio sgombero sono venuti sotto a lanciarci dentro alcune cose che ci servivano. Insomma, si è visto nel corso del presidio, ci adorano e ci riconoscevano come un soggetto che aveva senso stesse in quel quartiere.
TF: Eravate in un certo senso legittimati.
OC: E infatti siamo rimasti, finchè abbiamo potuto.
TF: La cosa bella durante il presidio era proprio quella, che arrivavi e lo sentivi legittimato proprio dai vicini. Non abbiamo mai sentito dire: “Questa situazione sta andando oltre, stanno esagerando”. E poi il sostegno dei bambini con le biciclette che passavano, sentirlo proprio dichiarare dalla gente del quartiere che magari scendeva per buttare la spazzatura e si fermava a salutarvi…
OC: Tutto questo è accaduto, perché c’era un sentimento condiviso, appunto. Il nostro stare là non non era solo per rivendicare la nostra casa…
TF: Era forse rivendicare il quartiere stesso e ciò valeva un po’ per tutti. Eravate davvero vicini in questo.
OC: Poi, dovete anche considerare che in Corsica, comunque, avranno abitato più di cento persone e ognuno ha lasciato qualcosa lì: chi un disegno, chi un poster, una scritta o anche un posacenere. Anche quello è un fattore del senso di comunità, di quanto fosse forte, talmente forte da essere percepito anche fuori, perché era davvero una casa per tutti.
TF: Ora però c’è un posto nuovo e c’è da pensare al futuro? Che programmi avete?
OC: Partiamo dal fatto che il nostro sgombero è cascato molto vicino a quello dell’area cani di cui parlavamo prima (sgomberata definitivamente pochi giorni, ndr). In pratica, quel pezzo di terra lo vogliono asfaltare per crearci undici parcheggi in più e vogliono togliere tutto il muro di graffiti, facendo tipo un recinto per impedire che qualcuno ci entri per dipingerlo di nuovo. Entro il 2023 dovrebbero finire i lavori. Comunque, anche se ci siamo spostati, quella sarà di sicuro una delle nostre lotte nell’immediato futuro, nel senso che cercheremo di fare un po’ di resistenza. Poi, un’altra delle lotte, che in passato era stata portata avanti, era quella contro la costruzione dell’Esselunga al posto dell’ex panificio militare, proprio qua davanti a dove siamo ora. L’intenzione è appunto quella di portarla avanti, nel senso che ormai è troppo tardi per contrastare il progetto, perché è già stato approvato e quindi quella diventerà un’Esselunga, però volevamo organizzare dei singoli eventi, quindi aprirlo, farci almeno una taz con spettacoli teatrali, concerti, mostre e tutto quello che ci possiamo immaginare in quello spazio per far vedere alla città quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Alla fine, c’è molta amarezza per come è andata con l’ex panificio, ma un’azione dimostrativa può essere da stimolo per il futuro, perché ci sono mille altre realtà come quella. La questione degli spazi vuoti e inutilizzati è di sicuro una di quelle lotte in cui continueremo impegnarci. Poi, sulla nostra nuova casa, non sappiamo quanto questo posto reggerà, perché con la nuova Esselunga in arrivo è facile che faranno di tutto mandarci via ì, però quando accadrà, qualcos’altro si troverà. Fa tutto parte del gioco. Quello che conta è che siamo usciti da uno sgombero, ne siamo usciti addirittura contenti, non ci siamo arresi e ora siamo qui. Lo sgombero in viale Corsica ci ha ridato molte energie, forse ci ha tolto qualcosa dal punto di vista numerico, ma nemmeno più di tanto se messo a confronto con quello che ci è rimasto di questa esperienza, con la sensazione di ciò che siamo riusciti a fare. Ci ha ridato l’energia e la voglia di riportare le lotte fuori, di riscoprire certe pratiche di lotta: dal corteo allo stare sul tetto, il presidio in strada e così via. Son tutte cose che si sono un po’ riscoperte.
TF: Può anche essere di stimolo per altri.
OC: Esatto. Alla fine, certe azioni sono simboli, nel senso che hanno un impatto e servono da esempio, perché a Firenze, come in altre realtà, le occupazioni sono sempre di meno, sono una realtà sotto attacco e non possiamo lasciarle morire. Noi non abbiamo mai creduto che fosse finita la stagione delle occupazioni, come invece sostenevano tanti, e nel nostro piccolo l’abbiamo dimostrato.