Camerun contro Brasile
di Alessia Maglione
– ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER! –
Sono le undici e mezza, apro gli occhi e mi rendo conto che ho dormito tantissimo, che è tardi e ho perso praticamente tutta la mattinata nella penombra della mia stanza. “Maledette persiane abbassate”, penso. È che in realtà temo di non aver dormito troppo bene, ricordo di essermi agitata durante la notte e di aver fatto un sogno molto strano. Ero con un gruppo di persone e stavamo occupando una scuola, la stampa era fuori dalla struttura a filmare il tutto e noi stavamo lì dentro, barricati, a dimostrare chissà cosa in un forte stato di esaltazione.
Mentre l’odore del caffè si diffonde in cucina e le mie funzioni neuronali accennano ad attivarsi, inizio a capire che, probabilmente, lo strano sogno di stanotte fosse dovuto al fatto di essermi vista tutta la serie de La casa di carta (titolo originale La casa de papel) in circa tre giorni. Considerando che ogni puntata dura circa 40 minuti, come media non è male.
Iniziamo col dire che questa serie ha chiaramente le sue lacune, come l’inverosimiglianza del fatto che il colpo alla fine riesca e che i membri della banda rimasti riescano a scappare con il bottino nella sacca. Un finale che mi pare troppo idilliaco, soprattutto dopo tutte le variazioni che il piano iniziale ideato dal Professore ha subito nel corso degli episodi. Ma non è la rapina in sé a tenere lo spettatore incollato allo schermo, in quanto le cifre di denaro di cui stiamo parlando sono così elevate, visionarie, impalpabili, che quasi passano in secondo piano. Lo dimostra il Professore stesso prendendo in mano una banconota da cinquanta euro e strappandola davanti alla faccia dell’ispettrice Raquel affermando: «Questo? È solo carta».
Ma allora perché rischiare la vita in una delle rapine più grandi della storia solo per della carta? Per un ideale che si chiama Resistenza.
«Perché non mi vuoi ascoltare Raquel? Perché sono uno dei cattivi? Ti hanno insegnato a distinguere il bene dal male, ma se quello che stiamo facendo noi lo fanno altri ti sembra che sia giusto? Nel 2011 la Banca Centrale Europea ha creato dal nulla 171 milioni di euro, dal nulla, proprio come stiamo facendo noi. Sai dove sono finiti tutti quei soldi? Alle banche, direttamente dalla zecca, ai più ricchi. Qualcuno ha detto che la Banca Centrale Europea è una ladra? Iniezione di liquidità, l’hanno chiamata. […] Io sto facendo un’iniezione di liquidità, ma non alla banca. La sto facendo qui, nell’economia reale di questo gruppo di disgraziati, perché è quello che siamo, per scappare da tutto questo. Tu non vuoi scappare?»
Una resistenza di cui fanno parte Berlino, Denver, Oslo, Helsinki, Mosca, Tokyo, Nairobi, Rio: sciagurati con un passato di criminalità alle spalle, folli, a volte violenti, visionari, ma pur sempre umani. Una resistenza che il Professore dedica al padre, morto mentre stava rapinando un banca per poter curare il figlio malato, perché non ce la faceva da solo, perché non trovò nessuno che potesse aiutarlo.
Ognuno dei personaggi si fa portavoce di un ideale, motivato ad andare avanti per un proprio obiettivo che confluisce in quello degli altri nella lotta contro l’emarginazione, l’ingiustizia, la repressione causata dai potenti. Gli otto rapinatori infatti non rubano denaro, ma si infiltrano all’interno della zecca nazionale per produrre il proprio, in una lotta talmente estrema alla tirannia del capitalismo che diventa impossibile non tifare per loro, come se il Camerun stesse giocando contro il Brasile. Non tifereste forse per il più debole? E tale ideale viene simboleggiato dalle tute rosse che indossano e dalle maschere di Dalì; da pittore reazionario, visionario, dalla visione politica contraddittoria, Dalì diventa figura metaforica, scelta per simboleggiare l’incarnazione di un piano così folle e surreale. Ma con regole ben definite.
Regola fondamentale? Non uccidere. E su questo il Professore è irreprensibile: per avere dalla loro parte la simpatia della stampa, dei media, della popolazione nessuno degli ostaggi deve essere ucciso o maltrattato. Ogni parte del piano deve essere rispettata alla perfezione, non ci devono essere sgarri, occorre essere sempre un passo avanti la polizia, fregarli sul tempo e con l’astuzia.
Ma cosa succede se, all’interno di un piano organizzato così meccanicamente, intervengono variabili prettamente umane quali il dubbio, la rabbia, la paura, l’amore, che non sono mosse prevedibili sul piano di una scacchiera?
Come vi ho già detto, questa serie ha sicuramente delle enormi lacune e, a tratti, sfocia in quella che potremmo definire la classica telenovela spagnola, fatta di intrighi, tradimenti, innamoramenti e dialoghi a volte senza senso. Ma sono proprio queste sue contraddizioni che mi hanno portato a restare sveglia fino alle tre di notte. E lasciamo perdere la già citata inverosimiglianza del finale dove l’ispettrice Raquel, non si sa come, riesce a prendere un aereo e a volare in chissà quale isola tropicale per rivedere il Professore, trovandolo seduto ad un bar con un candido abito bianco a simboleggiare che la rapina è riuscita, che hanno vinto loro. Perché nonostante i drammi che si dipanano nel corso delle serie, questa storia termina con un sogno che si esaudisce, c’è una sorta di lieto fine che sfocia nel riscatto sociale. E quindi sì, vi posso dire che questa serie mi è piaciuta per i suoi, seppur banali, colpi di scena e perché, anche se in modo contorto, parla di un ideale che tutti nel nostro piccolo dovremmo perseguire: una sorta di lotta contro chi si crede migliore di noi solamente perché possiede potere e denaro. E siamo d’accordo sul dire che a tratti possa sembrare un ideale un po’ retrò e infantile, come quando al liceo andavamo alle manifestazioni e ci credevamo grandi potendo cantare Bella Ciao, anche se della lotta partigiana, allora, probabilmente non ci capivamo un cazzo. Però alla fine crederci ed emozionarsi per questo non ci costa niente, come non ci costa nulla scendere in piazza il 25 aprile bevendo vino e cantando le canzoni di De Andrè. E quindi sì, in fondo questa strana storia che parla di intrighi, amore, lotta e resistenza mi è piaciuta, perché, per un attimo, guardarla mi ha fatto tornare in mente gli anni di quelle manifestazioni studentesche, quando sognare di cambiare il mondo non ci costava niente.
P.S. Questo è la Casa di Carta, una serie ideata da Alex Pina e, se ancora non lo sapete, hanno appena iniziato a girare la terza stagione che andrà in onda su Netflix nel 2019. Speriamo bene.
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Mi hai fatto venire la curiosità di guardarlo tutto in una volta …. come hai fatto tu.