Boxe contro l’assedio
Intervista di Niccolò D’Innocenti e Andrea Rumé

Il pugilato non è mai stato uno sport qualsiasi. Forse per questo, sin dall’antichità, la boxe si è guadagnata l’appellattivo di “nobile arte”. Ci sono però dei ragazzi che hanno preso questo concetto è lo hanno coniugato con un altro tipo di nobiltà: quella dell’animo. E lo hanno fatto per aiutare i ragazzi e le ragazze di un popolo vessato da decenni di soprusi, quello palestinese, a mantenere la propria dignità identitaria e accrescere la propria autostima grazie alla boxe. Sono loro stessi a raccontarci del loro progetto, che non a caso si chiama Boxe contro l’assedio. Lo hanno fatto rispondendo alle domande del nostro Niccolò D’Innocenti e di un nostro vecchio amico che conosce bene la realtà palestinese, ovvero Andrea Rumè. Buona lettura!
Com’è nato il progetto?
Boxe contro l’assedio è un progetto che unisce la Palestra Popolare di Palermo, le palestre Valerio Verbano e Quarticciolo di Roma e l’impegno dell’Ong Ciss in Palestina e che vuole usare il pugilato come strumento di riscatto sociale, di libertà e di benessere per i giovani palestinesi.
È nato dal basso, dalle aspirazioni di ragazzi e ragazze di Gaza che vedono nel ring un sogno di riscatto. È cresciuto con l’incontro di atleti e atlete dall’Italia che giornalmente lavorano per la riappropriazione degli spazi, per l’autodeterminazione e la giustizia sociale nei propri quartieri, nelle proprie borgate e oltre, scavalcando barriere, confini e chiusure. Lo abbiamo sviluppato grazie a una azione collettiva che, partendo dalle capacità, competenze ed esperienze di ognuno/a, mira a raggiungere un obiettivo comune. Boxe contro l’assedio esiste grazie a tutti e tutte coloro che ci credono e che mettono a disposizione il proprio entusiasmo.
Quando è iniziato e, ad oggi, dov’è arrivato Boxe contro l’assedio?
Abbiamo iniziato con questo progetto nel 2018 lavorando a stretto contatto con la Federazione di Boxe Palestinese. Da allora abbiamo raggiunto tanti risultati: un pugile professionista per la prima volta dall’assedio ha incontrato gli atleti di Gaza; gli allenatori italiani e palestinesi hanno scambiato esperienze e tecniche di allenamento; atleti delle due sponde del Mediterraneo si sono “affrontati” e abbiamo attivato dei corsi specifici per bambine e ragazze. Ad oggi sono state realizzate tre missioni nella Striscia di Gaza.

Dalla sua nascita, Boxe contro l’assedio ha permesso a decine atleti e atlete di sentirsi meno soli all’interno di quella prigione a cielo aperto che è Gaza. La collaborazione tra Ciss Ong e Palestra Popolare Valerio Verbano, Palestra Popolare Quarticciolo e Palestra popolare Palermo ha portato nuove competenze ai pugili e agli allenatori che da decenni vivono l’assedio. Ma adesso vogliamo dare alla nostra sfida un obiettivo più grande, un impatto adeguato all’entusiasmo e alla tenacia di tutti gli sportivi che continuano ad aggrapparsi al pugilato come strumento di libertà e di miglioramento del proprio benessere psicofisico.
Cosa può dare in più alla popolazione Gazawi la boxe e lo sport in generale?
La popolazione non ha alcuna libertà di movimento. Isolati in un pezzo di terra, gli atleti non hanno la possibilità di migliorarsi, non potendo uscire fuori dalla Striscia per battersi su altri ring e confrontarsi con altri atleti. Per tutti loro praticare questo sport significa mantenere alta l’identità palestinese e per le donne è anche combattere gli stereotipi e la violenza di genere.
Il pugilato, infatti, è in grado di infondere coraggio ai più piccoli, di rafforzare l’autostima, avere coscienza di sé e del proprio corpo e contribuisce a combattere le paure. Per questo, ci siamo attivati per supportare tutte le ragazze e i ragazzi che con grande ostinazione desiderano praticare la boxe. Vogliamo donare a tutti loro delle attrezzature professionali, una palestra dignitosa, un ring vero, degli allenatori professionisti e soprattutto un sogno.
Cosa possiamo fare tutti noi per il progetto?
Per noi è importantissimo condividere il più possibile la nostra esperienza per raccontare al resto del mondo che Gaza non è solamente una zona di guerra. Gaza è vita, per questo vi chiediamo di supportare il progetto tramite il crowfounding lanciato sulla piattaforma Produzioni Dal Basso.
(Se volete approfondire e contribuire alla campagna “Boxe contro l’assedio” potete cliccare qui, NdR)
Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato?
La problematica principale di Gaza e in tutta la Palestina è senza ombra di dubbio lo stato di assedio da parte di Israele. L’isolamento comporta una serie di limitazioni della libertà della popolazione e, di conseguenza, grandi difficoltà nella gestione della vita quotidiana e delle attività sportive nello specifico.
Racchiusa in 360 km², vittima del blocco navale, terrestre e aereo la Striscia è il carcere a cielo aperto più grande del mondo. In questo contesto fare sport diventa più difficile per i ragazzi e le ragazze di Gaza. L’ingresso e l’uscita dalla striscia sono approvati solamente tramite la richiesta di permessi che, nella maggior parte dei casi, vengono rifiutati. L’impossibilità di avere contatti con realtà diverse limitano la crescita sportiva degli atleti e quella professionale per i tecnici. Tutta questa situazione è aggravata dalla mancanza di attrezzature sportive adeguate e dalla precarietà delle strutture.
Boxe contro l’assedio dove vuole arrivare?
Abbiamo deciso di porci degli obiettivi raggiungibili a medio termine. Il primo di questi è quello di creare una palestra popolare con un vero ring a disposizione di tutti i pugili di Gaza, creare un team di tecnici professionisti e fornire attrezzature professionali che possano garantire la sicurezza delle atlete e degli atleti.

È buona cosa,dare a chi non può,la possibilità,tramite la box,di essere libero ed esprime,il proprio pensiero,confrontarsi lealmente e sportivamente,con chi,come lui, riconosce la nobile arte,come veicolo x la vita a seguire.