Jimmy sta dormendo ancora. Sono le sette e stanotte non ho dormito un granché.
Mi agitava sapere che la mattina dopo sarei stata per strada a pollice alzato, in Lapponia, a migliaia di chilometri dalle facce amiche.
Mi agitava, forse, anche sentire così forte addosso, nello stesso istante, quella voglia irrefrenabile di andare per strada a pollice alzato; andare senza meta, senza obblighi, senza regole, senza orari.
Spaccata in due da paura e entusiasmo. Miscela esplosiva.
¨Io, quando devo partire in autostop, mi metto il vestito bello. Giacca e pantalone. Braccio forte e pollice alzato, sorridi ad ogni macchina che passa! Scegli bene la strada. Meglio se ti metti in un punto dal quale si diramano diverse strade, per la legge dei grandi numeri qualcuno si fermerà. Devi essere ben visibile così che chi guida possa avere il tempo di valutare se raccoglierti o no e preoccupati del fatto che alle tue spalle ci sia lo spazio necessario perché lui o lei possano fermare la macchina in sicurezza¨. La voce di Jimmy ancora mi rimbomba in testa mentre esploro le strade della periferia di Rovaniemi a piedi. Trovo una piazzola che mi pare perfetta. Dal ciglio della strada i camion sembrano ancora più grandi e spaventosi. Nelle macchine che passano scorgo sguardi curiosi, incrocio occhi che passano veloci e non rivedrò mai più.
Alzo il pollice esitante, qualche macchina rallenta, poi accelera e corre via, qualcuno mi sorride, qualcuno mi guarda preoccupato, qualcuno mi suona il clacson, qualcuno mi saluta, qualcuno mi ignora. Non passano nemmeno dieci minuti che un vecchio furgone nero rallenta. Si ferma davanti a me.
C’è un istante esatto, quello in cui capisci che qualcuno si sta fermando per raccogliere te, in cui ti prende una sensazione di pancia indescrivibile che è un misto di euforia e gratitudine, curiosità e avventura. E ovviamente paura. Paura folle.
Apro la portiera e mi arrampico sul sedile dove trovo una piccola donna al volante che mi sorride nei suoi occhi azzurri. Una coda bassa raccoglie i suoi lunghi capelli castani. Chiusa in un maglione da lavoro, stringe con mani consumate il volante e mi accoglie con voce leggera. Il cuore rallenta bruscamente i battiti al galoppo: sono al sicuro.
Appoggia una mano sul petto e dice ¨Marika¨, rispondo con il mio nome e la mano sul petto. Partiamo. Marika parla poco inglese ma riesco a capire che ha un allevamento di husky con suo marito. Che l’ha conosciuto quando entrambi lavoravano in un grosso allevamento nel nord. Si ferma appena vede delle renne sul ciglio della strada per farmele vedere e sorride divertita del mio sguardo stupito. Anche se è estate e non ci sono slitte e Babbo Natale all’orizzonte, vedere questi animali mi risveglia l’animo bambino: mi sento il cuore pieno. Non riusciamo a comunicare granché ma il silenzio che c’è non mi dispiace; anzi, mi piace proprio il fatto che con i finlandesi puoi stare in silenzio quanto vuoi!
Il paesaggio è incontaminato e selvaggio attorno a noi. Mi chiede cosa ho da fare e le rispondo che ho solo da arrivare per sera a Ruka, dove mi aspetta il divano di Emmi. Mi dice che se mi va posso fermarmi da loro a riposare. Le rispondo che non potevo chiedere di meglio! Arriviamo alla fattoria e mi presenta i suoi sessanta cani, nome per nome, mi offre una ciotola di yogurt, giro nella sua bellissima casa viva e artistica, rustica, un’opera d’arte e d’amore. Vive da sette anni qui con Lauri, un omone biondo, alto e grosso, con la coda e una lunga barbetta sul mento. Otto anni più giovane di lei, sguardo imbronciato e pronuncia inglese robotica. Marika è accanto a Lauri quando gli sussurra una frase in finlandese. Lui la traduce e mi dice che nel tardo pomeriggio si muoveranno in direzione est verso la casa di un amico e che, sulla strada, c’è una caffetteria, in genere frequentata da molti turisti. Dicono che da lì non avrò problemi a trovare un passaggio per Ruka.
Dopo qualche ora saliamo sul furgone e partiamo. Lauri mi spiega che la fattoria si trova nel parco nazionale di Riisitunturi, che non c’è assolutamente nulla attorno a noi per chilometri e che d’inverno molti clienti arrivano per esplorare la zona con le slitte trainate dagli husky. Questo è il loro mestiere. La strada è sterrata e il furgone sobbalza mentre cammina piano, pianissimo tra i boschi e le colline selvagge.
Mi domando, gocciolante Stupore, come diavolo sia stato possibile finire per Caso in un posto tanto meraviglioso.
Arriviamo alla caffetteria, un’assurda casetta in stile inglese circondata da un praticello tagliato corto, verdissimo. La staccionata bianca difende la proprietà da invisibili insidie.
Scendiamo tutti dal furgone e ci salutiamo; penso, felice, che gli voglio già bene. Penso che vorrei rivederli, magari questo inverno. Marika mi chiede tramite Lauri di scriverle un messaggio quando arrivo a Ruka.
Entro nella caffetteria e chiedo ai clienti chi tra loro stia andando nella mia direzione e trovo subito un passaggio nella macchina di quattro amiche sulla cinquantina. Vengono dal sud della Finlandia e sono qui in Lapponia in vacanza per qualche giorno. Sono dirette in un paese poco distante da Ruka. Che fortuna. Lungo il tragitto si fermano a fare foto alle renne proprio come qualsiasi non finlandese, e io sorrido. Mi chiedono se mamma e papà sanno dove sono. Decidono di deviare dal loro percorso e di portarmi fino a Ruka. Mi salutano con un forte abbraccio materno.
E grazie a Dio ho provato a fare l’autostop; anche se stanotte non ho chiuso occhio, anche se il pollice stamattina si alzava esitante. Ho conosciuto delle persone fantastiche e incrociato altre vite, che forse avevano voglia di conoscermi. Ora sono a Ruka, aspetto che Emmi finisca di lavorare; il sole splende e il vento tira freddo. Sono felice.
Viola Bonfanti
scrivi benissimo Viola!
Viola scrivi benissimo!
Grazie infinite!!