
Three Faces presenta THREEvial pursuit: una serie di articoli tra il serio e il faceto sulle tematiche più disparate!
22 Novembre 2023ArrostiCulture || Cena benefit con arrosticini e vino no stop || 30.11.23
C’era una volta un luogo incantato in cui gli arrosticini non avevano fine e, mangiandoli, si poteva dar sostegno alla cultura indipendente non profit… e tu, quest’anno, puoi farne parte!
Giovedì 30 novembre arriva ARROSTICULTURE, l’all you can eat di arrosticini e cultura (con opzione vegetariana) che ti permette di sostenere l’associazione non profit Three Faces con una serata all’insegna del buon cibo dello chef Lorenzo Forcellini, nella cornice de La Selva Home Restaurant (.
La cena, oltre che gli amati arrosticini, avrà a disposizione contorni, dessert e vino rosso no stop e sarà anche occasione per ritirare la tua copia gratuita dell’ultimo numero di StreetBook Magazine. E se non mangi la carne sono disponibili alternative veg su richiesta, quindi non puoi proprio mancare!
Il numero di posti è limitato e la prenotazione è obbligatoria, quindi non esitare oltre e riserva i tuoi posti per partecipare alla cena benefit più goduriosa che mai!
PRENOTA IL TUO POSTO
Per qualunque dubbio puoi contattarci al +39 353 433 0698 (anche WhatsApp) o scrivendo a info@threefaces.org [...]
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6 Novembre 2023Karashò Magazine || Nuova rivista creata da Under 20
Oggi siamo lieti di presentarvi Karashò Magazine, la nuova rivista di narrativa e grafica creata interamente da ragazzi e ragazze Under 20 con il supporto di Three Faces. Il progetto, nato spontaneamente all’interno del book club autogestito promosso all’interno di Detonazioni Culturali, ha visto la luce venerdì 27 ottobre in occasione della conferenza di chiusura della stessa rassegna realizzata con il sostegno di Fondazione CR Firenze all’interno del bando Partecipazione Culturale 2022.
La rivista fisica, i cui contenuti sono ispirati ai testi letti durante il percorso del book club, è stata realizzata in tiratura ridotta, ma siamo sicuri che verrà presto ristampata e avrà un brillante futuro davanti a sé. Per il momento vi regaliamo la versione sfogliabile in digitale e qualche foto del lancio della scorsa settimana.
EDITORIALEAll’inizio del nostro ultimo anno di liceo ci viene proposta la realizzazione di questo progetto da parte di due ragazzi dell’Associazione Three Faces. Karashò nasce come un book club autogestito con a disposizione uno spazio in cui creare, degli editori e il supporto di chi ha più esperienza di noi.La rivista doveva ritenersi conclusa a giugno, ma come potete notare i tempi si sono allungati e da che eravamo un bel gruppo siamo rimasti in tre…Ma così è nato Karashò magazine, un prodotto editoriale articolato e composto da una manciata di racconti e illustrazioni, totalmente sconnessi fra loro, ma uniti dall’ispirazione presa dai libri letti nel corso del Book Club e dal tema centrale della metamorfosi, intesa, interpretata e rappresenta sotto diversi aspetti.
Una metamorfosi, che in realtà, è presente anche nel titolo: la parola “karashò” è stata inventata dallo scrittore Anthony Burgess, autore, tra le altre cose, di Arancia meccanica. Deriva da “karasciò”, dal russo “bene”, “tutto in ordine” o qualcosa del genere ed è in diretto contrasto con il caos creativo che caratterizza l’insieme dei contenuti raccolti nella nostra rivista.
Naturalmente in tutto questo tempo le nostre idee iniziali sono state ridimensionate e oserei dire anche sconvolte, ma speriamo molto che vi possa piacere…
Detto questo, non ci resta altro che augurarvi un buon viaggio.
Benvenuti in Karashò!
|| Hanno partecipato a questo numero ||
Federico Bellocci
Giovanni Taddei
Eleonora Pecorella
Anna Federico
Alessandro Bellocci
La presentazione di Venerdì 27 Ottobre || Biblioteca Buonarroti [...]
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1 Novembre 2023STREETBOOK MAGAZINE #29 Beer Party || 19.11.23
Domenica 19 novembre, dalle 18.00 in poi alla Public House 27 (Via Palazzuolo 27), vieni a farti una birra in compagnia della redazione di StreetBook Magazine in occasione dell’uscita del fantastico numero 29!
Unisciti a Noi per la Festa di Lancio di STREETBOOK MAGAZINE #29
Una Serata di Celebrazione e Connessioni Creative
Domenica 19 novembre dalle 18.00 in poi, la Public House 27 (in Via Palazzuolo 27) sarà la cornice per la celebrazione del lancio del numero 29 di StreetBook Magazine. Non è solo una festa, ma un’occasione per immergersi in un’atmosfera di idee e creatività.
Fatti una birra con la redazione di StreetBook Magazine! Avrai l’opportunità di rivedere di persona o conoscere i volti che si nascondono dietro le pagine della rivista, scambiare idee e generarne di nuove. Ogni nuovo numero di StreetBook Magazine è un evento di per sé, e questa festa non fa eccezione.
Sarà un’ottica occasione per ottenere la tua copia fresca del nuovo numero e partecipare a giochi a premi targati StreetBook Magazine. E le sorprese non finiscono qui. Avrai anche l’opportunità di incontrare i fondatori della neonata Karashò Magazine, una pubblicazione indipendente creata da ragazzi Under 20 con il supporto di Three Faces.
E ricorda, se porti con te un vecchio numero di StreetBook, riceverai uno sconto di un Euro sulla tua prima birra, con una selezione tra Pils, Bianca e Gialla. È un modo per celebrare non solo l’attuale edizione ma anche il viaggio che StreetBook Magazine ha fatto finora.
Per ulteriori dettagli o informazioni, non esitare a contattarci via email a threefacespublish@gmail.com o chiamaci al +39 353 4330 698. Non vediamo l’ora di brindare insieme a te a questa nuova pietra miliare di StreetBook Magazine! [...]
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10 Ottobre 2023Post Explosion || Karashò Magazine + Chiusura di Detonazioni Culturali || 27.10.23
Venerdì 27 ottobre alle 16 presso la Biblioteca Buonarroti (V.le Guidoni 188) si terrà Post Explosion, l’incontro conclusivo di Detonazioni Culturali, rassegna promossa da Three Faces grazie al contributo di Fondazione CR Firenze: sarà l’occasione per tirare le fila dell’iniziativa, durata un anno, composta da molteplici incontri artistici, laboratori, serate di intrattenimento creativo e attività peer-to-peer rivolte ai ragazzi.
Venerdì 27 ottobre alle 16 presso la Biblioteca Buonarroti (V.le Guidoni 188) si terrà Post Explosion, l’incontro conclusivo di Detonazioni Culturali, rassegna promossa da Three Faces grazie al contributo di Fondazione CR Firenze: sarà l’occasione per tirare le fila dell’iniziativa, durata un anno, composta da molteplici incontri artistici, laboratori, serate di intrattenimento creativo e attività peer-to-peer rivolte ai ragazzi.
E proprio i ragazzi partecipanti al book club autogestito promosso da Three Faces presenteranno in questa stessa occasione il frutto dei loro incontri, concretizzatosi sotto forma di fanzine artistico-letteraria dal titolo Karashò Magazine, ispirata dalle letture affrontate e interamente auto-prodotta in tiratura limitata.
Post Explosion sarà inoltre un momento di aggiornamento sugli sviluppi futuri dell’associazione e sui progetti in cantiere per il 2024.I posti in sala saranno limitati ed è gradita la prenotazione (manda una mail a info@threefaces.org per riservare il tuo posto), ma è prevista una diretta Instagram dalla pagina Three Faces.
Il progetto è realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze nell’ambito di “PARTECIPAZIONE CULTURALE”, il Bando tematico che la Fondazione dedica al sostegno di programmazioni culturali finalizzate a potenziare la partecipazione attiva della comunità locale e l’inclusione sociale delle periferie.
Per maggiori informazioni:threefacespublish@gmail.com+39 353 4330 698 [...]
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2 Ottobre 2023C4: fine di una bella avventura e un nuovo inizio per Three Faces
Dopo esserci presi un po’ di tempo per elaborare l’ultimo estenuante periodo e ricaricare le batterie, eccoci qua a ufficializzare ciò che chi ci segue più assiduamente già sa: C4 – Centro di Contaminazione Creativa e Culturale, quella che è stata la nostra casa per oltre un anno e mezzo, non riaprirà.
La notizia è passata un po’ in sordina: abbiamo dato l’annuncio con un semplice post sui social a fine luglio e abbiamo celebrato la chiusura con una cena e con un ultimo evento, circondati dall’affetto dei soci e dei frequentatori più assidui. Sono stati momenti di grande commozione, ma altrettanto grande carica per il futuro. Ciò che vogliamo sia chiaro è che la chiusura di C4 non rappresenta affatto la fine della lunga storia Three Faces, ma un nuovo brillante inizio.Siamo qui infatti per spiegare le ragioni che ci hanno portato a questa decisione e regalarvi qualche piccola anticipazione sui nostri progetti futuri.
Perché abbiamo chiuso C4
Per quanto riguarda la chiusura di C4 si è trattata di una scelta consapevole dopo mesi di attenta valutazione e autoanalisi di gruppo: a livello di frequentazione il supporto del pubblico non è mai mancato, così come non è stata una motivazione meramente economica a spingerci a questo passo.
Il fondamento di questa scelta è puramente strategico: la gestione di uno spazio culturale indipendente com’è stato C4 è un processo profondamente impegnativo per un gruppo di volontari come quello che compone Three Faces, sia a livello di risorse umane che monetarie. Per garantire una sostenibilità economica, non avendo una grande disponibilità personale da investire e scarsissimi aiuti esterni, c’è da riempire un calendario di eventi, coordinare le varie realtà coinvolte, promuovere le iniziative, presenziare ogni giorno eccetera eccetera, per racimolare quasi 1500 euro al mese, tra affitto, utenze e materiali. Per il lato di gestione pratico poi, serve il lavoro gratuito di tantissime persone, che affiancano alla propria attività principale un onere non di poco conto. Le energie non sono infinite e qualcosa va, per forza di cose, sacrificato.
Bene, dopo la suddetta analisi ci siamo resi conto che ciò che stavamo sacrificando era proprio la scintilla vitale di Three Faces, ciò che ci ha tenuto in vita per quasi dieci anni di attività associativa: la creatività.
Rimettere al centro di Three Faces la creatività
Le riunioni degli ultimi sei mesi si stavano trasformando in meri aggiornamenti sulla gestione quotidiana dello spazio e sull’organizzazione degli eventi che ospitavamo, molto spesso affidati ad altre realtà culturali. Ogni nuovo progetto, idea o collaborazione che non avesse direttamente un legame con C4 veniva automaticamente respinto, rimandato o accantonato per mancanza di energie. La nostra fiamma, come singoli e come gruppo, si stava lentamente spegnendo, soffocata dalla fatica e dall‘insoddisfazione.Da qui l’illuminazione: Three Faces è nata per creare contenuti, non per essere un contenitore.
Back to the roots
L’associazione e StreetBook sono nati essenzialmente perché il mondo culturale, per come ci appariva, ci annoiava mortalmente: siamo da sempre appassionati lettori, ma rifuggivamo le canoniche presentazioni di libri; siamo appassionati d’arte, ma i classici vernissage ingessati nelle gallerie ci facevano venire le bolle.
Nel nostro piccolo, con arroganza giovanile e spirito punk, abbiamo per anni fatto ascoltare la nostra voce e mostrato il nostro metodo di approccio, facendo confluire nel tempo mille rivoli diversi accomunati da una sola volontà: mostrare che leggere un libro o godersi un quadro non sono attività da riservare esclusivamente ai banchi di scuola e delle università, che non sono attività “solo per intellettuali”, ma che possono arricchire chiunque, a prescindere dall’estrazione o dalla preparazione.
Ecco, la gestione di C4 ci ha portato, per necessità, a ospitare eventi, presentazioni e attività che non avrebbero convinto i noi stessi più giovani. Proseguire su quella strada, alla lunga, avrebbe definitivamente spento la nostra fiamma vitale, vanificando la nostra esperienza e quello che possiamo offrire al nostro pubblico o allineando i nostri sforzi a ciò che invece volevamo cambiare agli albori dell’associazione.
Quindi grazie C4, sei stato un capitolo bellissimo della storia Three Faces, un esperimento necessario per crescere e per conoscerci meglio.
Grazie mille, ma ora voltiamo pagina e iniziamo un altro capitolo, che chiuda il cerchio con quello iniziale.Perché, anche a questo giro, col cazzo ci estinguiamo!
Vuoi darci una mano?
Vogliamo riportare il centro dell’attività associativa sulla ricerca di nuovi modi e linguaggi per promuovere la cultura, l’arte e il pensiero. Sul dove farlo lo valuteremo in seguito, prima concentriamoci sul cosa dire, poi sul dove. Anche se le idee in merito non mancano: per fortuna infatti negli ultimi anni sono nati vari altri luoghi a Firenze, impegnati nella nostra stessa missione e che sentiamo affini. Spazi e realtà con cui creare sinergie, collaborazioni e che possano ospitare i nostri nuovi contenuti.Quindi continuate a seguirci per sapere dove metteremo in pratica le nuove idee che partoriremo in questa rinascita! E, come sempre, aspettiamo a braccia aperte nuove teste e nuovi punti di vista: se vuoi farne parte manda una mail e vieni ad una delle nostre riunioni, d’ora in avanti totalmente improntate alla creatività e a nuovi progetti! [...]
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18 Maggio 2023PerformIA Culture
Artisti e AI
(parte 3)
Puntata 5
PerformIA Culture torna con una nuova puntata nel viaggio virtuale tra le opere di artisti che nel loro percorso creativo hanno deciso di sperimentare, esplorando la relazione tra capacità umana e tecnologia. Oggi approfondiamo il lavoro di Sofia Crespo, Harshit Agrawal e Tom White.
Le opere di Sofia Crespo sono caratterizzate, in modo particolare, da una forte interazione tra biologia, tecnologia e natura. Uno dei suoi principali interessi è studiare il modo in cui la vita organica utilizza meccanismi artificiali per simulare sé stessa ed evolversi, implicando l’idea che le tecnologie siano un prodotto della vita organica che le ha create e non un elemento distante e separato. Si fa portavoce di un punto di vista inclusivo sull’interazione uomo-tecnologia. La sua arte si concentra sulla creazione di organismi sintetici e di paesaggi digitali immaginari generati da algoritmi e da tecniche di machine learning. Le sue opere spesso prendono forma in immagini e sculture generative che sembrano mescolare elementi biologici e tecnologici in modo armonioso.
Artisti e AI – Sofia Crespo
Un aspetto interessante delle opere dell’artista è l’interazione tra le diverse parti delle opere stesse. Ad esempio, alcune delle sue sculture digitali sono composte da diverse parti che sembrano interagire tra di loro, creando un effetto di vita e movimento. In questo modo, Crespo esplora il concetto di simbiosi e di interazione tra diversi organismi. Le sue opere combinano tecniche avanzate di modellazione e stampa 3D, ad algoritmi e tecniche di machine learning per generare forme organiche e suggestive, come nella serie di sculture Symbiotic Spheres in cui organismi sintetici con strutture complesse e dettagliate che richiamano le forme della natura, sembrano vivere e respirare. In Botanica Absentia troviamo un’altra serie di sculture che rappresentano piante immaginarie, create attraverso la combinazione di elementi naturali e sintetici, che esplorano il concetto di ibridazione tra la natura e la tecnologia.
Harshit Agrawal è un artista che, attraverso le sue opere, esplora le relazioni tra l’uomo e l’ambiente, attraverso temi come la natura, la sostenibilità, la spiritualità e l’identità. Utilizza la tecnologia in diversi modi combinandoli tra loro e invitandoci a riflettere sul nostro rapporto con le nuove tecnologie. Spesso incorpora elementi di realtà mista a finzione per creare opere che esplorano la linea sottile tra reale e virtuale.
Artisti e AI – Harshit Agrawal
Nella serie Latent Landscapes, ad esempio, utilizza il tema del paesaggio reinterpretandolo attraverso l’uso delle GAN e modificando successivamente gli output generati, spingendosi al limite del processo creativo condiviso con la macchina. Nella serie Masked Reality Agrawal coniuga tradizione e Intelligenza artificiale in un’opera interattiva in cui il volto di uno spettatore si trasforma in tempo reale nell’immagine di maschera rituale indiana. Harshit Agrawal è un precursore nell’uso dell’AI con le sue opere, oltre a riuscire a combinare in modo assolutamente armonico tecnologia e tradizione.
Tom White è un artista neozelandese interessato a studiare attraverso strumenti di Intelligenza Artificiale come le macchine riconoscono, articolano e interpretano il mondo intorno a loro. La sua opera indaga lo sguardo algoritmico, man mano che la percezione della macchina diventa più pervasiva nella nostra vita quotidiana, il mondo visto dai computer diventa la nostra realtà dominante. White esplora questo fenomeno dando agli algoritmi una voce con cui parlare, creando stampe fisiche astratte, classificate e riconosciute in modo affidabile dalle reti neurali.
Artisti e AI – Tom White
Nella serie Synthetic Abstractions progetta sistemi di disegno che consentono alle reti neurali di produrre stampe a inchiostro astratte che rivelano i loro concetti visivi. Sorprendentemente, queste impronte sono riconosciute non solo dalle reti neurali che le hanno create, ma anche universalmente, dai sistemi di Intelligenza Artificiale che sono stati addestrati a riconoscere quegli stessi oggetti. Utilizzando il sistema di disegno fornito, le reti neurali esprimono direttamente in semplici disegni a inchiostro le proprie versioni di queste categorie, creando forme astratte che trasmettono la loro comprensione del mondo. La composizione, le linee e i colori sono scelti dalle reti neurali che tentano di fare in modo che il disegno rappresenti al meglio il concetto.
Sebbene queste reti siano state addestrate solo su immagini del mondo reale, quando sono costrette a esprimersi in modo astratto sono in grado di creare forme più semplici che corrispondono alle loro rappresentazioni interne. Dopo aver effettuato una stampa, l’artista verifica che il disegno generato dal computer sia ampiamente riconosciuto da altri sistemi di visione di AI. Ad esempio, dai sistemi di riconoscimento delle immagini di Google e Amazon. Questo suggerisce all’artista che le forme sono compatibili con un linguaggio visivo universalmente riconosciuto dalle macchine. Per l’artista la capacità di rappresentare astrattamente concetti che a nostra volta riconosciamo, suggerisce che potremmo avere più cose in comune con le macchine che stiamo creando, di quanto realizziamo.
PerformIA Culture – Artisti e AI (parte 3) [...]
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27 Aprile 2023PerformIA Culture
Artisti e AI
(parte 2)
Puntata 4
PerformIA Culture prosegue con il percorso alla scoperta degli artisti che hanno deciso di sperimentare attraverso strumenti di intelligenza artificiale. È interessante osservare come molti degli artisti che operano in questo campo non nascano come tali, ma approdino al mondo dell’arte successivamente, ad esempio a seguito dei propri studi e della propria formazione scientifica.
Un punto di vista molto interessante ce lo dà Mike Tyka, artista multidisciplinare che nasce come scienziato. Si forma, infatti, in Biochimica e Biotecnologia ed è proprio ispirandosi alla struttura delle molecole proteiche che realizza le sue prime opere d’arte. La sua produzione artistica coniuga la scultura tradizionale e la tecnologia moderna, come la stampa 3D e le reti neurali artificiali. Nella serie Sculture molecolari, le opere rappresentano proteine molecolari realizzate in vetro colato e bronzo e sono basate sulle precise coordinate di ogni rispettiva molecola, attraverso le quali esplora la bellezza nascosta di un microcosmo invisibile. Nella serie AI Deepdream, Tyka esplora il potenziale degli algoritmi DeepDream e delle GAN come mezzo e strumento artistico, attraverso la creazione di immagini create simultaneamente e sovrapposte: i risultati riportano a una dimensione onirica e allucinogena.
Un altro artista che proviene dal mondo della ricerca scientifica è Memo Atken, ingegnere e informatico che da tempo lavora e sperimenta tecnologie in grado di creare immagini, suoni e installazioni, con l’obiettivo di arrivare al cuore della natura e della condizione umana, esplorandola in ogni suo aspetto e mostrandoci le infinite connessioni del mondo intorno a noi attraverso strumenti sempre nuovi.
Affascinato dall’Intelligenza Artificiale e dal rapporto uomo-macchina, dà vita al progetto Learning to See, in cui il pubblico può modificare a piacimento una serie di oggetti disposti su una superficie inquadrata da una telecamera, le cui immagini vengono poi rielaborate da una serie di reti neurali addestrate con diversi set di dati che rimandano agli elementi naturali e allo spazio. In questa opera, utilizzando algoritmi di Machine Learning vengono generati output simili a quelli che potrebbero essere creati da un essere umano attraverso l’osservazione di ciò che lo circonda, invitandoci a riflettere sul tema della percezione e su come la nostra visione, così come quella della macchina, sia influenzata dal nostro pregresso, dal nostro passato.
Nella serie Meditations, installazione audiovideo di lunga durata, Atken invita lo spettatore a intraprendere un viaggio spirituale attraverso l’osservazione di immagini e suoni in continuo mutamento, narrati attraverso l’immaginazione di una profonda rete neurale artificiale. Lo scopo è quello di farci percepire come la nostra esistenza sia strettamente connessa all’equilibrio evolutivo del mondo in cui viviamo.
Tra gli artisti italiani che utilizzano strumenti d’innovazione tecnologica per la realizzazione delle proprie opere, troviamo Mauro Martino. Artista e scienziato, pioniere nell’uso delle reti neurali artificiali nel campo della scultura, Martino ha creato nuovi linguaggi espressivi fino ad arrivare alla realizzazione di opere materiche in stampa 3D, tra cui il David, realizzato ispirandosi dalla famosa opera di Michelangelo.
Nell’opera Strolling Cities trova un punto d’incontro tra le nuove tecnologie e l’approccio umanistico in un progetto che unisce AI generativa, voce umana, poesia e paesaggio urbano. Le video istallazioni dedicate a dieci città italiane sono state realizzate alimentando le AI generative con set di dati composti, oltre che da milioni di immagini fotografiche inedite – scattate appositamente per la realizzazione del progetto – e da poesie e prose poetiche dedicate alle città. Per farlo, la macchina ha imparato ad assimilare stringhe di nomi, aggettivi e descrizioni proposte attraverso la voce umana: tutti dati che sono stati usati come input per immaginare paesaggi urbani. Alle scelte estetiche, quindi, è stata affiancata la tecnologia Voice-to-City, che permette di interagire con la macchina attraverso la voce e la poesia.
In Strolling Cities le parole diventano immagini che la macchina genera agganciandole fra loro, codifica un linguaggio legato al paesaggio e genera immagini on the fly, imparando come si fanno le città e inventandole insieme alla voce dell’utente. Mauro Martino consente, attraverso l’opera, la fruizione di una nuova esperienza di poesia visuale realizzata insieme all’Artificial Intelligence. Queste sono le città che esistono e non esistono, e non ce ne saranno mai due uguali.
Appuntamento al prossimo episodio di PerformIA Culture, in cui continueremo la nostra esplorazione alla scoperta degli artisti che usano le AI come fonte di ispirazione. [...]
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16 Marzo 2023PerformIA Culture
Artisti e AI
(parte 1)
Puntata 3
Continua il viaggio di PerformIA Culture alla scoperta del rapporto tra arte e tecnologia. La rubrica nasce all’interno del laboratorio creativo di PerformIA Festival, e in questo appuntamento parleremo degli artisti che negli ultimi anni hanno deciso di sperimentare con l’Intelligenza Artificiale. In questa tappa conosceremo: il collettivo Obvious, Mario Klingermann, Anna Ridler e Refik Anadol, tutti grandi innovatori che hanno aperto un nuovo sentiero nella produzione artistica.
Artisti e AI – Collettivo Obvious – Ritratto di Edmond de Belamy
Nel 2018 per la prima volta il grande pubblico sente parlare di arte generata da Intelligenza Artificiale, quando presso la prestigiosa casa d’aste Christie’s viene venduta a una cifra elevatissima quella che poi sarà considerata la prima opera di artistica generata da AI: il famoso Ritratto di Edmond de Belamy, parte di una serie di ritratti ideata dal collettivo francese Obvious.
L’opera porta come firma l’algoritmo che lo ha generato ed è stata realizzata da una GAN (Generative Adversarial Networks), addestrata e alimentata da un set di dati composto da 15.000 ritratti dipinti tra il XV e il XX secolo. A prima vista, essa sembra inserirsi all’interno del filone della ritrattistica tradizionale, con il soggetto in posa, posizionato di tre quarti, in camicia bianca e abito scuro, ma a uno sguardo più approfondito si notano i contorni della figura poco definiti e i tratti del volto delineati sommariamente e sfumati, con i lineamenti che si perdono in una rappresentazione onirica del gentiluomo immaginario.
Da questo momento in poi, com’era prevedibile, si sono aperte importanti discussioni e accesi dibattiti nel mondo dell’arte sull’importanza del fattore umano combinata alla macchina all’interno del processo di creazione artistica e sulla paternità delle opere realizzate da AI, su chi possa effettivamente definirsi l’artista, se l’uomo o l’Intelligenza Artificiale.
Artisti e AI – Mario Klingemann – Memories of Passersby
L’anno successivo, nel 2019, un’altra illustrissima casa d’aste Sotheby’s batte l’opera Memories of Passersby di Mario Klingemann, creata da un complesso sistema di reti neurali addestrato a generare un flusso infinito di ritratti inediti e irripetibili. L’installazione si compone di una consolle in legno, realizzata a mano, al cui interno si trova il cervello dell’intelligenza artificiale che crea, in continuazione e in tempo reale, volti maschili e femminili sempre nuovi e in costante mutazione, riprodotti sui due schermi collegati. Gli output che vediamo passare sugli schermi dell’opera, infatti, non sono combinazioni di immagini esistenti, ma immagini uniche generate dalla AI sul momento, grazie a uno specifico addestramento. Klingemann non solo sperimenta con più coraggio le applicazioni della GAN in campo artistico, ma utilizza per l’addestramento della AI un database molto più ampio e variegato, introducendo così una significativa imprevedibilità nel processo generativo.
Artisti e AI – Anna Ridler – Fall of the house of Usher
Il biennio 2018-2019 rappresenta quindi un momento fondamentale per l’ingresso delle opere d’arte create con AI, non solo nel mercato dell’arte ma anche nell’immaginario del grande pubblico, che si apre a una dimensione estetica completamente nuova e si lascia affascinare da scenari inediti e accattivanti.
Un’altra artista che esplora le nuove tecnologie come fonte di ispirazione e strumento per la genesi delle proprie opere è Anna Ridler. Il suo è un approccio leggermente diverso, in quanto realizza personalmente i data set per addestrare le GAN che costituiranno il punto di partenza per la realizzazione delle sue creazioni.
Nella costruzione di una delle sue opere ad esempio, Fall of the house of Usher, – film breve di animazione ispirato a una produzione cinematografica del 1928 a sua volta ispirata al racconto di Edgar Allan Poe – fa una ricerca estetica minuziosa, realizzando 200 dipinti attraverso cui la macchina viene addestrata per imparare a generare immagini che portino in sé l’essenza e lo stile dell’artista all’interno di una nuova dimensione narrativa. Anna Ridler addestra quindi la AI con le sue stesse opere e gli output generati avranno sempre una fortissima connessione con l’artista e non solo, mentre i training set diventeranno a loro volta una vera e propria opera d’arte nell’opera d’arte.
Concludiamo la nostra prima carrellata di artisti con Refik Anadol, considerato pioniere nell’estetica dell’arte generata da AI. Definito anche l’artista dell’umanesimo digitale, Anadol parte come presupposto da una ricerca interdisciplinare sulla relazione tra mente umana, architettura ed estetica. Con le sue straordinarie performance e istallazioni invita il pubblico a immergersi e a immaginare incredibili realtà alternative in spazi contemporaneamente fisici e virtuali.
Artisti e AI – Refik Anadol – Renaissance Dreams(Palazzo Strozzi – Collezione NFT, 2022 – Photo by ©ElaBialkowska OKNO Studio)
Può essere definito un architetto di percezioni, che pone lo spettatore dentro l’opera per fargli sentire l’invisibile da tutte le dimensioni possibili. Per fare questo usa i dati disponibili intorno a noi come materia prima e li fornisce a complessi sistemi di reti neurali a cui le AI attribuiscono anche volumi, colori e suoni in una complessa elaborazione, in cui memoria collettiva, storia, arte e scienza si combinano alla tecnologia dando vita a nuove esperienze di tempo e spazio, in cui AI ed essere umano convivono in equilibrio.
Anadol usa i big data come pigmento e dipinge con la AI, che definisce il proprio pennello pensante, creando imponenti, stupefacenti, alternative dimensioni. La sua arte digitale, fatta di colori luci e suoni, indaga i confini dello spazio e della veglia ricreando una collisione tra mondo virtuale e mondo fisico.
(Continua…) [...]
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9 Marzo 2023The other side of Exit Enter
di Emanuele Iavarone
Si è aperta il 3 Marzo 2023 alla Street Levels Gallery, The sign beyond the signature, letteralmente “Il segno oltre la firma”, celato e inedito ciclo artistico/espressivo dello street artist Exit Enter. Già noto al grande pubblico italiano e internazionale, l’artista è conosciuto per il suo celebre e iconico ‘omino’ ritratto nelle più molteplici situazioni e distribuito negli angoli più suggestivi, e non, di alcune tra le più belle città toscane, italiane ed europee. Con questa nuova esposizione Exit Enter tenta di rivelare alcune sfaccettature del suo mondo interiore, mostrandoci opere dalla natura ancestrale e istintiva prodotte in oltre dieci anni nel suo studio e mai esibite pubblicamente.
Le Spiagge Bianche di Rosignano Solvay
Classe 1990, Exit Enter nasce a Rosignano Solvay, una piccola frazione della provincia di Livorno, famosa per le sue Spiagge Bianche e il suo mastodontico stabilimento per la produzione della soda. In questo contesto marcatamente dualistico, in cui la natura del litorale livornese e l’architettura industriale si incontrano e si mescolano dando alla luce una tra le spiagge più particolari e controverse del mondo, cresceva e si contaminava il giovane artista.
Possiamo solo immaginare come la quotidianità di un contesto così particolare possa aver influenzato il bambino Exit. L’animo dell’artista di oggi sembra infatti manifestarsi in una costante dicotomia. Già a partire dal nome, fatto di due parole semanticamente opposte, exit/uscire ed enter/entrare, per arrivare a quella che fino ad oggi è stata la sua espressione artistica, contraddistinta da una prima ed estroversa fase street e da questa seconda e introversa fase di lavori su tela. Seconda e intima fase che ha sempre accompagnato Exit Enter, ma che solo quest’anno ha deciso di rivelare.
Gli anni passavano a Rosignano, finché nel 2009 Exit Enter fa una scelta che gli cambierà la vita: trasferirsi a Firenze per frequentare l’Accademia delle Belle Arti, dove incontrerà il Professor Saverio Vinciguerra, figura catalizzatrice nella vita dello studente Exit, che lo indirizzerà verso una forma artistica più legata all’astrattismo e a una ricerca caratterizzata da gestualità e sperimentazione, rappresentazioni primitive e simboliche. È proprio in questi anni che, tra i vari esperimenti su tela e i compulsivi disegni giornalieri sul suo sketch book, Exit Enter inizia a prendere forma. Altra fondamentale fase è quella di avvicinamento alla cultura dei rave party, il cui contesto sociale e la musica tekno ispirano all’artista molte delle sue prime opere.
Exit Enter – The sign beyond the signature
In questo contesto e con queste ispirazioni, taggandosi originariamente come ·K, Exit Enter inizia a uscire per strada con la necessità di esprimersi. È un periodo molto particolare, di ricerca, in cui le passeggiate notturne simboleggiano il suo personale modo di dare significato alla vita, ma rappresentano anche e soprattutto una via alternativa di espressione. Nasce così, da un desiderio inconscio di evasione, Exit.
Nel 2013, con queste premesse, vediamo apparire per la prima volta nei suoi schizzi ‘omino’, inizialmente suo alter ego, che ben presto diventa un vero personaggio del panorama fiorentino, dando all’artista la possibilità di esprimere concetti legati all’amore e all’inclusione, ma anche critiche e punti di vista taglienti e sarcastici sull’attualità fiorentina e italiana. Liberando il suo personaggio in strada Exit permette alle persone di entrare nel suo immaginario. È proprio da questa alchimia di necessità vitali ed espressive che nasce e prende forma Exit Enter.
Entrando nello spazio espositivo della Street Levels Gallery le opere temporalmente più datate di The sign beyond the signature sono Tempi Moderni, Metropolis, Filiforme e la serie di illustrazioni intitolata Cantieri Aperti (2014). Situate all’ingresso, quasi a voler introdurre i visitatori ai primi esperimenti dell’artista, sono opere fortemente influenzate dalla cultura rave, come si può notare dalle ambientazioni degenerate e volutamente distorte che rimandano ai muri di casse dei free party. Le architetture visibili risultano quindi essere approssimazioni astratte dei sound system, più meccaniche e robotiche, plasmando così un paesaggio urbano che si esprime su più livelli e con molteplici sovrastrutture.
Exit Enter – Filiforme, Tempi Moderni e Metropolis (da sinistra a destra)
Giunti nella seconda nicchia dello spazio espositivo, notiamo come rispetto alle prime tele, contraddistinte da una colorazione prevalentemente bianco nera, venga lasciato spazio a opere in cui Exit Enter fa irrompere i colori primari rosso, blu e giallo. In Nuvola rossa, Golden Bridge, Missing Lock e Urban Mayor (2015) possiamo apprezzare come la compenetrazione tra ambiente urbano e sound system sia ancora presente, ma con toni più leggeri, come se i colori andassero a stemperare quella cupa dimensione urbana descritta fino a quel momento dall’artista, e che tenta costantemente di ridefinire.
Exit Enter – Nuvola rossa e Golden Bridge (da sinistra a destra)
Proseguendo nel percorso espositivo tra l’ultima nicchia e la living room, completamente ristrutturata e solitamente chiusa al pubblico, si ritrovano due delle opere principali della mostra: The sign beyond the signature e Fuga interiore. La prima, prodotta nel 2021, dà il nome alla mostra ed è un’espressione artistica di puro e catartico istinto. Spray e pittura lavabile su tela, in un’alchimia di bianco e nero atta a mostrarci quanto per Exit Enter l’importante non sia sempre dare o veicolare un messaggio preciso, quanto ricordare a chi guarda, la potenza che può avere la pura gestualità istintiva. Il ritmo dell’artista, ricostruibile attraverso tratti, schizzi e graffi, ci mostra una composizione di segni equivalenti a una vera e propria sequenza ritmica.
La seconda, Fuga interiore (2022), un’illustrazione con china su Fabriano F4, è l’unica opera dove appare chiaramente ‘omino’. Rappresenta un soggetto sproporzionato rispetto al bucolico paesaggio circostante che pare soffrire il peso della sua stessa forma, come un carico troppo pesante da portare sulle spalle. Scevro dell’estetica pop in cui siamo solitamente abituati a vederlo per le strade, ‘omino’, corpo filiforme definito solo dall’approssimazione della figura umana, vaga per una pianura piatta e industriale, lasciando traccia dietro sé solo per mezzo della sua stessa ombra. In quest’opera, a mio parere, traspare tutta la malinconia che l’artista ha accumulato nell’essere definito esclusivamente da una singola forma, ‘omino’ appunto, che gli è stata cucita addosso da più di 10 anni di carriera, ma che non riesce evidentemente a mostrare la totalità e la complessità delle emozioni e sensazioni dello stesso Exit Enter che gli ha dato vita.
Exit Enter – Fuga interiore
Ultime, in ordine temporale, sono le tre serie di opere create ad hoc per la mostra: Segni rossi, Segni bianchi e Segni mostri (2023). Distribuite tra la living room e l’ultima nicchia, oltre a essere le opere dalla natura più compulsiva e rapsodica della pittura dell’artista, sono il risultato diretto della scommessa fatta dalla Street Levels Gallery. Sì, perché tutto ciò non sarebbe stato possibile se i ragazzi dell’associazione A testa alta non avessero spronato Exit Enter a mostrarsi al pubblico nella sua dimensione artistica più intima, emotiva e istintiva che fino ad oggi giaceva chiusa in un magazzino e tra le idee dell’artista.
Ascoltare Exit Enter raccontare il momento in cui, dopo anni, ha portato di nuovo alla luce i suoi vecchi lavori è stato emozionante. Sorrideva e sembrava leggero come solo la condivisione di un bagaglio artistico ed emotivo può dare.
Exit Enter – Segni mostri
Catalogo della mostra: https://www.streetlevelsgallery.com/wp-content/uploads/2023/03/The-Sign-beyond-The-Signature_Catalogo-Digitale.pdf
Sito artista: https://exitenter.it/
All photos by Emanuele Iavarone [...]
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9 Febbraio 2023PerformIA Culture
Arte e AI
Puntata 2
Nello scorso appuntamento con PerformIA Culture abbiamo osservato come il rapporto tra arte e tecnologia sia sempre stato forte e imprescindibile. Oggi questo rapporto si è ulteriormente evoluto raggiungendo il nuovo orizzonte dell’arte generata da intelligenza artificiale. Le prime domande che sorgono spontanee sono sicuramente: “In cosa consiste questo tipo di arte? Che cos’è l’intelligenza artificiale? Come si applica all’arte e quali sono le intelligenze artificiali che utilizzano gli artisti?” Vediamolo insieme.
Innanzitutto, c’è da sottolineare che spesso la Artificial Intelligence Art viene confusa con la Digital Art; tra le due, però, esiste una sostanziale differenza. Nella Digital Art, infatti, l’opera è definita computer assisted, ovvero viene generata dall’artista con l’ausilio di mezzi tecnologici digitali come, ad esempio, una tavoletta grafica; l’Artificial Intelligence Art, invece, è un’opera totalmente computer generated, nel senso che l’algoritmo d’intelligenza artificiale utilizzato non è solo un mezzo di cui si serve l’artista, ma ha una certa autonomia all’interno del processo creativo.
Giuseppe Ragazzini – PerformIA Festival 2022
L’intelligenza artificiale è definita come un insieme di sistemi informatici intelligenti in grado di simulare le capacità e il comportamento del pensiero umano. La disciplina legata al suo studio nasce circa alla metà degli anni ’50 del Novecento, quando vennero creati i primi programmi capaci di una qualche forma di “ragionamento”, in particolare legati alle dimostrazioni di problemi di geometria complessa. Negli anni ’80, poi, le intelligenze artificiali escono dalle accademie e trovano applicazione pratica in ambito industriale. Da questo momento assistiamo a numerosi utilizzi e implementazioni di tali sistemi fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui l’intelligenza artificiale diventa parte integrante della vita quotidiana, applicata alle situazioni più disparate. Anche nell’ambito artistico, da sempre particolarmente sensibile e all’avanguardia verso le nuove tecnologie, si manifesta forte l’esigenza di approfondire e sondare nuove possibilità espressive attraverso l’AI e di aprirsi a scenari estetici alternativi.
Nelle loro sperimentazioni, gli artisti utilizzano diversi sistemi di intelligenza artificiale, dagli algoritmi di segmentazione agli algoritmi trasformativi, ma la maggior parte di loro è affascinata in particolar modo dalle GAN – Generative Adversarial Networks (reti generative antagoniste): coppie di reti neurali con una struttura duale e interattiva che sono predisposte a una forma evoluta di apprendimento automatico, sconosciuta ad altre forme di intelligenza artificiale.
La Macchina del Collage nel Metaverso – Giuseppe Ragazzini
Le GAN hanno una struttura complessa; comprenderne il funzionamento ci consente di capire come mai gli artisti ne siano così affascinati e le considerino strumento prediletto nel percorso di concepimento artistico. Queste coppie di reti neurali sono composte da un algoritmo generator (generatore) e da un algoritmo discriminator (discriminatore) che si approcciano tra loro con una modalità antagonista.
L’uomo – nel nostro caso, l’artista – inserisce all’interno del sistema un set di dati di riferimento e addestramento per la GAN (suoni, parole, immagini). L’algoritmo generatore inizierà a produrre la stessa tipologia di dati (suoni, parole, immagini) mentre l’algoritmo discriminatore scarterà tutti quelli che si scostano dal set predefinito, sino a quando non saranno rimasti solo quelli più simili ai suoni, parole e immagini di input. L’algoritmo generatore a un certo punto sarà stato addestrato dalla selezione dell’algoritmo discriminatore e riconoscerà i dati “giusti” da generare, per cui continuerà a produrre suoni, parole, immagini di output con caratteristiche analoghe a quelle dei dati utilizzati come riferimento. In questo modo è come se “ingannasse” l’algoritmo discriminatore stesso. Questo sistema dal carattere relazionale e instabile costituisce un elemento di grande interesse in quanto apre la strada a numerose possibilità espressive, con intenti anche molto diversi tra loro.
Nelle GAN il processo di rielaborazione dei dati, essendo affidato alla macchina, sfugge parzialmente al controllo umano, portando a risultati inaspettati con cui l’artista poi interagisce. A seconda del set di dati usato come riferimento all’interno del sistema, gli esiti saranno molto diversi tra loro: alcuni artisti inseriscono volutamente dati disomogenei, poco accurati o incoerenti con lo scopo di ottenere effetti meno prevedibili e controllati possibile; altri artisti utilizzano come set di riferimento elementi o immagini desunte dalle loro stesse opere così da ottenere output che mantengano il proprio stile, e che possano servire come spunto di riflessione e nuovo punto di partenza e ispirazione.
Ogni processo creativo, per definizione, porta con sé una temporanea perdita di controllo e non è altro che il prodotto tra l’intenzione originaria dell’artista e la sorpresa di quello che l’opera d’arte diviene al termine del processo creativo. Nell’arte generata da AI, questo processo e questa consapevolezza vengono portati all’attenzione del pubblico. L’artista in un certo senso rinuncia al proprio ruolo di assoluto creatore e diventa co-creatore insieme all’AI, in un processo di genesi dell’opera più complesso che mette in luce la dinamica stessa della nostra vita e del mondo in cui viviamo. [...]
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8 Febbraio 2023Bye Bye THREEvial
Cinque anni di THREEvial Pursuit. Li festeggiamo in maniera particolare, prendendoci una pausa, perché è stato un lungo viaggio e, visto che noi di viaggi ce ne intendiamo abbastanza, sappiamo che in ogni lungo viaggio che si rispetti, arriva un momento per sedersi e fermarsi a riflettere. E noi adesso ci fermiamo.
Tranquilli, non è un addio, anche se scommettiamo che vi abbiamo fatto un po’ cacare sotto, nostri e nostre care THREEvialiste. Non vogliamo tediarvi con prolisse spiegazioni che giustifichino questa nostra decisione, anche se una spiegazione ve la dobbiamo. Per un lustro (chi l’avrebbe mai detto), ci siamo inventati un format nel quale abbiamo fatto confluire tutta la nostra follia, compresi i QuaranThreevial con i quali vi abbiamo allietato in un periodo particolare della vita di tutti noi.
Il THREEvial è stato per molti una valvola di sfogo, uno spazio di espressione, un laboratorio all’interno del quale ogni autrice e ogni autore potesse tirar fuori il meglio che aveva dentro in totale libertà, su qualsiasi argomento ritenesse meritevole di essere messo a conoscenza del nostro pubblico. Vi abbiamo divertito e ci siamo divertiti, abbiamo sperimentato, ma ci siamo anche spesi per cause più grandi di noi e nel nostro piccolo abbiamo fatto informazione. Basterà andare a scorrere fra i vari articoli per rendervi conto di quello che THREEvial Pursuit è stato in questi anni. E adesso ci rendiamo conto che è arrivato il momento di reinventarlo.
Non c’è nient’altro dietro alla nostra scelta, se non il bisogno fisiologico di riposarsi, rilassare la mente e ristorare lo spirito, guardarsi intorno e capire qual è la direzione che dovremo prendere. Alcuni continueranno il viaggio con noi, altri prenderanno altre vie e con loro ci scambieremo un abbraccio o una semplice pacca sulla spalla, augurandoci vicendevolmente buona fortuna e di incontrarci nuovamente, come già successo in passato con molti che hanno attraversato queste pagine. Li ringraziamo tutte e tutti, uno per uno. Ma soprattutto ringraziamo voi perché, al di là della retorica, potrà sembrare banale ma senza qualcuno che legge, scrivere è solo un esercizio di stile fine a sé stesso.
P.S. Non pensate di esservi liberati del tutto di noi. Qua e là, quando meno ve lo aspettate, di mese in mese, lanceremo qualche THREEvial Off per ricordarvi di non dimenticarci. E questa sì, è una minaccia, perché torneremo. Bye bye [...]
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20 Gennaio 2023La street art senza regole di RUN
Intervista di Giorgio Silvestrelli
Parte 2
RUN – Sheffield, 2022
(Parte 1)
GS: La domanda delle domande: che cos’è per te la “street art”? Lo so, è sempre difficile dare una definizione alle cose perché, dal mio punto di vista, un po’ le spoetizza, però sono del parere che ognuno di noi abbia una sua personale definizione di street art. Vuoi dirci la tua?
RUN: La street art non esiste. Per me è una definizione data dai media, dai giornali e dai mercanti d’arte. Mi sembra sia una semplificazione di un concetto libero, senza regole, che altrimenti prenderebbe troppo tempo per spiegarlo. La street art è un groviglio di scuole, stili e idee diverse. Poi, la sTr33T 4r7 pura, vera e propria, come la intende tanta gente, quasi davvero non esiste più!
Dal momento che facciamo arte per il pubblico, entriamo a far parte di un sistema senza controllo. Siamo contro questo e contro quello, ma poi un artista si ritrova le sue opere in una sala da pranzo di un broker di banca e ciao alla controversia e al controcorrentismo. Fai un’opera contro il sistema economico e contro la guerra e poi te la ritrovi a un’asta di Christie’s a cento, mille o centomila dollari e qualcuno la compra dal tablet mentre aspetta l’aereo per Dubai. È tutta una controversia e niente ha più il senso di quando tutto questo è nato. Però andiamo avanti, perché è la passione, è inseguire un sogno, che importa più di tutto.
RUN – Shenzhen, 2018
GS: L’essere umano è sempre al centro della tua ricerca. Parlaci di quei personaggi che vivono, grazie a te, sui muri di molte città del mondo.
RUN: Io sono un artista figurativo. Mi interessa l’essere umano e l’umanità. Quindi, così come banalmente detto, la rappresento l’umanità. Il corpo può dire molte cose. Mi piace il fatto che muovendoci o formando una figura esprimiamo chi siamo e cosa proviamo. La danza, per me, è importante. La danza è collegata alla musica, che è tutto per me. Poi mi piacciono i volti nativi, amazzonici, con caratteristiche tipiche di una razza e di una cultura diversa. Mi attraggono culture che, quando crescevo, erano distanti e sconosciute dalla mia. Sono cresciuto in una società bianca, caucasica, italiana, abbastanza uniforme. Oggi il mondo è cambiato, nel bene e nel male. Il dilemma dell’integrazione. Va bene? Va male? Si può fare? Io dico di provarci.
GS: Labbra grandi, testa senza capelli, bocca quasi sempre aperta, grosse orecchie. Hai capito di chi parlo? Ci vuoi parlare di lui? Ha un nome? Chi è?
RUN: È “tutti, nessuno e centomila”! Ho imparato a dare questa definizione, imperfetta e inventata. Ora è difficile correggerla. Principalmente i personaggi che dipingo sono neri, vengono dalla giungla, quella verde di piante e alberi ma anche quella di cemento, di pali della luce e palazzi. Ci si sanno muovere nella giungla, questo è certo!La bocca, per me, è il buco da dove entra ed esce la vita. Con ogni respiro respingiamo la morte e la facciamo aspettare.
GS: Di tutti i murales che hai realizzato in giro per l’Italia e per il mondo, ce n’è uno a cui sei particolarmente legato?
RUN: Ultimamente sto sempre di più realizzando che quando arrivo davanti a un muro che sto per dipingere, mi immagino già il risultato finale. Forse sarà per l’esperienza che un po’ ho accumulato, ma oggi come oggi, il mio dipinto riesce a essere quasi esattamente come nella visione che ho prima di cominciare. Dei miei murales, forse vorrei distruggerne almeno la metà perché non mi piacciono più. Non solo dal punto di vista estetico, ma anche la motivazione che mi spinse a farli o il cosiddetto “messaggio” che mandano. Quando fai un disegno su uno sketchbook e questo viene male, nessuno lo vede. Come scrivere una cosa nel proprio diario segreto. Il muro invece sta là fuori. Tutti lo vedono e lo rivedono ogni volta che ci passano davanti. Ci vuole un forte ego ma anche tantissima umiltà.
La performance della creazione del dipinto è la fase fondamentale, potenzialmente stressante ma ricca di ragionamenti veri e forti, dove la mente davvero si piega dalla fatica di capire tutto quello che accade nella superficie in cui uno sta lavorando. È “fatica intellettuale”: la tua mente si spreme tra equazioni di proporzioni, linee, operazioni matematiche, limitare e correggere gli errori.
Sono molto legato a posti come Marocco e Senegal e Gambia, i lavori che ho fatto in Cina, in Italia e a Londra: tanti posti, tante facce, moltissimi incontri. Forse alla fin fine dipingo sulla strada per incontrare la gente! Uno sopra a tutti non saprei proprio dire. Ultimamente sto portando con me mio padre quando dipingo. Lui è un appassionato di fotografia, e viene con me a dipingere. Ci divertiamo un sacco e, a mia memoria, è il periodo migliore che stiamo trascorrendo.
RUN – Londra, 2014
GS: Sempre più spesso anche i grandi brand si rivolgono agli street artist per realizzare dei murales/pubblicità. Tu cosa pensi al riguardo?
RUN: Fuck the brand! And fuck who paint for them and that listen to them. Anche io l’ho fatto. Lo odio! Il brand non ha bisogno di me per vendere il prodotto e io non ho bisogno di loro. Stop.
GS: Ci sono delle differenze tra il tuo lavoro in strada e quello in studio? Se sì, quali?
RUN: Il lavoro in strada e in studio differiscono in dimensioni, sicuramente, in tempo di esecuzione e in energia meditativa. Io più vado avanti, più vorrei eliminare tutto quello che sta in mezzo alla dimensione del murales e alla dimensione cartacea. Nel senso che vorrei solo fare murales e piccoli disegni per pubblicare libri. È strano pensare che per fare un dipinto su un palazzo di cinque piani magari si impiegano tre giorni, mentre per fare un acquarello su un foglio di carta 35 x 50 cm ci vogliono due settimane. Un’altra grande differenza è che quando lavori in studio puoi chiudere la porta, spegnere il telefono e sai che nessuno interagirà con te. Mentre in strada sei in balia degli eventi, delle persone, della pioggia o magari di qualcuno che ti vorrebbe prende a pugni o che ti lancia una banana marcia.
RUN – Pescara, 2022
GS: Ti diverti di più a preparare una mostra, quindi produrre molte opere diverse tra loro, o a dipingere un murale e realizzare così una sola grande opera?
RUN: Questo dipende, ma la passione e l’impegno sono gli stessi. Ho sempre pensato che fare una mostra è un po’ come per un musicista fare un disco. Si mettono dentro diversi pezzi che sono come delle canzoni. Ma il disco ha un titolo e un tema. Come una vibrazione che passa attraverso l’intero ascolto. Ad essere sincero faccio più murales che mostre, questo è certo. Ma forse tutto questo un giorno cambierà.
GS: Vorremmo una tua personale riflessione su quello che è oggi il mercato dell’arte contemporanea. Sempre più spesso gallerie e spazi espositivi realizzano mostre con al centro gli street artist. Tu cosa ne pensi?
RUN: Mi piacerebbe aver studiato economia o banking e aver proseguito parallelamente con l’arte. Così avrei capito già da subito come funziona il mercato. La cosa è ancora un po’ nebulosa per me. Un amico artista di successo monetario incredibile, una volta ha provato a spiegarmi tutti i meccanismi ma era come riempire una brocca d’acqua con un buco sotto. Qualche goccia è rimasta ma non c’è stato verso di trattenerla. Quello che so è che la parola più efficace per il mio mondo è “controversia”. Io prima di essere artista, sono una persona. La persona che sono è generosa nel donare.
Produco senza freno e mi piace cambiare stile, temi, segno e spaziare in discipline e tecniche diverse. Un po’ come se a un musicista la casa discografica imponesse delle regole perché alcuni versi e melodie vendono più di altre. Quello che so è che prima di fare soldi devi far fare soldi a tutti quelli che stanno intorno a te. Così queste stesse persone alzano il tuo tiro e allora diventi un “oggetto del desiderio degli altri”. Lo so che queste mie parole non sono chiare ma questo è tutto quello che posso dire sull’argomento. Ascoltatevi Here Today, Gone Tomorrow di Guru e Dj Premier (duo hip hop noto come GangStarr, ndr). Lì è spiegato tutto.
RUN – Shmalkalden (Germania), 2021
GS: Venendo ai social. A mio parere veicolano moltissimo la street art ed è forse anche grazie a questo fattore se oggi è così popolare nel mondo. Tu che rapporto hai con i social? E con i tuoi fan e followers?
RUN: Ok, questa è un’altra delle zone grigie della questione: i social. I social sono una gran cosa, ma sono anche la rovina di tutto. Mi diverto a postare foto e video ma, contemporaneamente, sento che non ho costantemente cose intelligenti o interessanti da dire. I social sono un animale che deve essere costantemente nutrito, il che toglie tempo ed energia a quello che più conta, cioè creare veramente nel mondo reale.
GS: In questo momento a cosa stai lavorando? Ci sono novità in arrivo?
RUN: Mentre ti rispondo, sono nel giardino di un hotel in Veneto dove oggi ho appena terminato un lavoro. Nelle prossime settimane farò un lavoro di scenografia e questa è una cosa buona per me! Mi serviva fare un lavoro che non fosse troppo dipendente dall’ispirazione artistica, ma principalmente manuale e commissionato. Poi mi piacerebbe iniziare un progetto di stampe serigrafiche con uno stampatore che ho conosciuto in Gambia anni fa. Nel frattempo sto lavorando anche a una pubblicazione e varie altre cose. Sono anche un papà e vorrei vedere la creazione crescere giorno dopo giorno. Per me la cosa più bella che ci sia.
GS: Hai un progetto, un’idea nel cassetto che, per vari motivi, non hai ancora avuto modo di realizzare?
RUN: Quello che non ho realizzato finora lo attribuisco al fatto che non è ancora arrivato il momento giusto. Ho fiducia che tutto quello che vorrò fare lo farò quando arriverà il momento e l’energia giusta.
GS: Vuoi dire qualcosa ai lettori di questa intervista? Un suggerimento, un augurio, un saluto. Fai tu!
RUN: Scoprite dove si trova la vostra energia. Si trova da qualche parte. Forse, come l’incantatore di serpenti, dovete suonare le note e la melodia giusta e poi lei verrà fuori. Nessuna paura!Ti ringrazio molto RUN per questa bella chiacchierata. Ci si vede in giro!
RUN – Falconara (Ancona), 2018 [...]
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