Il sublime trasandato di R. Dell’Ali || Arte e Letteratura || THREEvial Pursuit


 

Il sublime trasandato

di Roberta Dell’Ali

 

IL SUBLIME TRASANDATO ROBERTA DELL'ALI (4)

Avete presente quando vi si accende la lampadina perché un’idea bellissima vi ha bussato alla testa? E v’è capitato che poi per pura magia nel momento della messa in atto la stessa splendida idea faccia solo cacare?

Ecco, a me capita spesso, in questo momento sta clamorosamente accadendo ed è per tale ragione che questo pezzo sarà in fondo la storia triste di un’idea che c’ha provato ma non ce l’ha fatta, schiacciata dal peso di cogenti riflessioni.

La cosa s’è svolta più o meno così: sono andata a Milano per faccende personali e poi da lì mi sono mossa per fare una puntatina a Bologna giacché dovevo sbrigare cose di tesi e amarezze universitarie. L’ultimo di giugno alla stazione di Milano con un braccio appeso ad un valigione pesante sei mesi e tre stagioni, ho comprato un libro che agognavo da almeno un anno: Biglietti agli amici, di Pier Vittorio Tondelli, edizione Bompiani.

IL SUBLIME TRASANDATO ROBERTA DELL'ALI (1) ridottaLo leggo in treno e un po’ m’accarezza, un po’ mi emoziona e stravolge, un po’ mi spia i pensieri. Arrivo a Bologna: faccio le mie cose, vedo la mia gente, mi trovo tarli nuovi e ne dimentico altri stantii. Tre giorni dopo devo ripartire per raggiungere Malpensa, dove mi aspetta un aereo per Budapest, dall’aeroporto della quale salterò su un altro aereo il mattino seguente. Senza voglia di affrontare un viaggio progettato in tempi non sospetti, con un agile zainetto color kaki lascio Bologna e sulla via per la stazione centrale compro in Piazza di Porta Ravegnana Budapest, di Chico Buarque.

Lo leggo bene, fluente, emotivamente non sconquassante, lo sento balsamo lenitivo sull’ustione d’amore tondelliano.

In groppa al kitsch tutto ungherese della WizzAir volo verso Budapest e mi riconosco tra le pagine di Chico, ne traggo immagini note e sento il suono della lingua magiara che tanto lo dispera, ‹‹l’unica lingua al mondo che, secondo le malelingue, il diavolo rispetta››.

Lascio il brasiliano in sospeso appena metto piede a Berlino, ma porto sia lui che i Biglietti con me in riva alla Sprea berlinese, li spizzico una mattina che non sapevo dormire e concludo con Chico e con la complessità di amare in un’altra lingua mentre sono di ritorno da Praga.

Dopo dieci giorni di posti diversi e sensazioni confuse, torno per l’ultima volta a Budapest, mi prende male andarmene, ma ne vado lo stesso e saluto i miei amici e mi viene regalato un nuovo libro: The Outsider, by Albert Camus.

Lo apro in spiaggia alla Marza solo dopo qualche giorno d’assestamento dal mio ritorno nella terra madre. Non ho mai letto Camus e mi ritrovo affascinata da questa prosa netta e senza remore, dall’atono cadenzare di parole semplici e scelte bene. Nel pieno del travolgimento con l’algerino, mi distacco e mi lascio andare ai ritmi di casa, affaccio ad una quotidianità che non ho più ma che mi appartiene sempre.

Una sera poi vado a Modica per assistere alla presentazione del libro di un mio amico: Le cose, di Claudio Covato. Il libro lo compro, lo porto a casa e la mattina seguente trovo mia madre seduta in veranda che se la ride con le poesie di Claudio, e me le legge:

Deserto di pascolo di mare di stanchezza

‹‹Ho un grosso sasso
dove lo poso?
Sono stanco e sudato e stanco,
perché cammino da anni:100
vago nella brughiera del deserto
della valle del bosco della baia
della radura:
che stanchezza,
ora mi siedo.››

Adoro il fatto che mamma Gianna capisca l’ironia del mio amico, adoro anche che usi il termine “romantico” per aggettivare alcuni dei suoi componimenti – cosa che Claudio probabilmente non approverebbe. Realizzo che nella follia dei suoi pensieri il caro Claudio ritrae la realtà circostante molto molto meglio di quanto appaia ad una prima lettura.

D’improvviso poi un giorno d’estate e di presa bene propongo l’idea magica e (col senno di poi) avventata per un pezzo su Threevial Pursuit: legare il racconto dei miei giretti europei alle impressioni della lettura dei libri che li hanno accompagnati: minchia, l’idea piace e si rimanda la cosa ad inizio settembre, quando si riprenderà conIL SUBLIME TRASANDATO ROBERTA DELL'ALI (2) ridotta le pubblicazioni.

Nel frattempo tra una cosa e l’altra finisce l’estate, io finisco con Camus e torno alla mia vita bolognese. Riprendo possesso della mia stanza, sfogo lentamente la pressante esigenza di riappropriarmi dei miei spazi immettendovi tutte le novità degli ultimi nove mesi, ritrovo i miei amici e partono i riassuntoni d’aggiornamento con commenti e nuove considerazioni in allegato. Insomma rivedo il tutto in prospettiva bolognese e, silenziosa e subdola, la faccia della mia idea cambia.

Arriva anche settembre, risento Three Faces e giunge il momento di quagliare.

Passano i giorni, la produzione scrittoria parte ma non decolla: te pareva che non mi veniva il blocco. Insomma passa il tempo, il sole sostituisce la luna nel cielo svariatissime volte e niente di decente salta fuori, sarà mica che mi sono precocemente rincoglionita? Ma no, la vita sa sempre come sorprendere, e mentre cerco disperatamente di trovare la struttura fisica della magica idea (che però all’effettivo sembra far cacare) trovo l’origine del problema lì nascosta tra le pagine del buon Tondelli:

‹‹Ora, invece, tutto lo interessa e lo riguarda perché ha la scrittura, ha uno strumento, ha gli occhi, una bocca, uno stomaco per mangiare e guardare la realtà.››

Se prima l’idea era di raccontare un viaggio e recensire dei libri in una magica combo narrativa, ex abrupto questo frammento del biglietto a F.W. mi illumina.

Adesso so di poter solo offrire analisi scarse su massimi sistemi, frutto di chiacchiere aleatorie e disperazioni comuni dalle quali ho evinto con metodo fantascientifico che ci sono tre macro-sezioni che intersecano buona parte delle mie conoscenze e che trovano spazio in tutti i libri sopracitati: la necessità del viaggio, vaghezza dl futuro, svuotamento del concetto d’amore.

Giunti a questo punto io me la svigno, perché non mi sento di poter affrontare qui le questioni appena nominate.

Lo so, è un atteggiamento vigliacco, in compenso però riporto qualche passo da Biglietti agli amici, perché credo che sia una buona serratura da cui spiare il mistero di se stessi.

[..] Ma io vivevo solamente negli spazi delle mie emozioni d’amore e dove più stavo male e più le intimità erano stravolte dalla passione e i miei pensieri dal sentimento, e dove i miei equilibri più infranti e le mie sicurezze turbate, più mi sentivo di esserci. Cercavo solamente grandi burrasche emotive. Questo per me era l’unico modo d’amare.

Quando era poco più che un ragazzo – e a ricordarlo ora si stupisce di quanto le cose siano cambiate per lui – aveva scritto queste parole:
“Solo l’amore mi lega alla vita, alla realtà, alle voglie e quindi ai discorsi. Senza amore sono niente, se non ho una persona che mi frulla nella testa sono a secco, terribilmente vuoto. E non scrivo.”
Ora, in volo sopra la Germania, specchiando il suo viso invecchiato e appesantito contro un tramonto siderale, capisce che da quando ha rinunciato all’amore […] altro non sta facendo che concentrarsi su di sé per imparare ad amare quella persona che porta il suo stesso nome, che gli altri riconoscono come se stesso e che Lui sta portando in viaggio attraverso l’Europa.
Quando era un giovane che si esercitava nell’arte del taglio e cucit , Si Ster andò a trovare il Grande Maestro Yoshij per chiedergli il segreto della sua raffinatezza elogiata in tutto l’Impero . Con grande stupore lo vide vestito di una sola, lunga, benda bianca.
“Perchè meravigliarsi?” disse allora Yoshij. “La trasandatezza è una condizione dello Spirit . Il suo massimo grado consiste nel Sublime Trasandato il cui raggiungimento però necessita di una costante pratica di vita e di esercizio assiduo. Il Sublime Trasandato diventa allora l’agio delle cose.”

IL SUBLIME TRASANDATO ROBERTA DELL'ALI (3)

Credits foto: Federica Sessa

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